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02/12/24 ore

Angela Merkel sconfitta


  • Silvio Pergameno

Nelle elezioni di domenica scorsa nel Meklemburgo – Pomerania anteriore la sconfitta della CDU, la democrazia cristiana tedesca (partito molto diverso da quella italiana e partito di Angela Merkel) è un fatto politico molto significativo nel panorama politico non soltanto tedesco, ma anche europeo, perché può essere il preludio di cambiamenti molto preoccupanti, e che in Europa ci riguardano tutti.

 

Il Meklemburgo – Pomerania anteriore è una regione della Germania di media grandezza territoriale, ma conta soltanto un milione e settecentomila abitanti (meno ne annoverano soltanto Brema, che è una città, e la piccola Saar ai confini con la Francia), ma – con il 21% dei voti ottenuti - è ormai la decima regione nella quale l’ ”AfD” (“Alternativa per la Germania”) ottiene una rappresentanza e per di più risulta il secondo partito, dopo la socialdemocrazia (SPD) e prima dei cristiano democratici.

 

Angela Merkel paga, secondo i giudizi correnti, sia una stagnazione economica persistente sia anche la politica di accoglienza di profughi e migranti giudicata troppo aperta da molti elettori; secondo Agenzia Radicale, e in piena conformità con quanto abbiamo sempre scritto sull’”AfD”, paga inoltre, ed è fatto di estrema importanza, le sempre maggiori indecisioni sull’indirizzo sempre più frenato nella politica di integrazione europea; soprattutto lo scadimento progressivo dall’iniziale posizione che vedeva uno stretto legame  tra la restaurazione della democrazia in Germania dopo le follie dell’ipernazionalismo hitleriano e un legame sempre più stretto con gli stati del contesto europeo, in particolare la Francia e l’Italia.

 

Ogni nazionalismo del resto ha sempre amplissimo modo di esercitarsi proprio sul terreno della politica estera, delle rivalità fra stati, dei problemi tra confinanti, delle furbizie degli altri stati, dei vittimismi per i soprusi subiti (veri o supposti che siano) …

 

 Ma oggi che il discorso europeo si è ridotto a una questione meramente finanziaria di contrapposizione fra politiche monetarie espansive e politiche sparagnine e ha con ciò perduto ogni slancio storico-politico e non scalda i cuori di chicchessia, diventa chiaro il senso dei successi di “AfD”.  Questa “AfD” che non è un partito che possa esser definito sic et simpliciter come populista. In esso convergono infatti  con ruolo determinante esponenti di poteri forti, che non sono così scemi  di confinarsi nell’antieuropeismo dei Salvini o dei Cinque stelle.

 

All’ ”AfD” questa Europa priva del senso della battaglia per la democrazia, priva di una politica internazionale al livello attuale, confinata nei ristretti limiti di una generica volontà dei principali paesi europei di non continuare a scannarsi come avevano fatto dai tempi delle loro origini, questo andazzo sempre più consolidato va benissimo ed è in consonanza con tante tendenze dell’elettorato – tedesco e non tedesco - che non sogna affatto di riprendere le tendenze belliciste di un tempo, ma si fonda sulla volontà di un consolidamento sempre più avanzato della politica nazionale e di una volontà nazionale sempre più determinata a non accettare imposizioni di altri paesi (in questo in piena consonanza con tendenze analoghe negli altri paesi europei e con uscite confacenti, in cui capita incorrano anche leader di partiti anche della sinistra).

 

Questo discorso si fa particolarmente acuto per la Germania, dove la socialdemocrazia (con una grande eccezione come quella di Helmut Schmidt) ha sempre tifato per la famosa Ostpolitik, che si trovava in costante contrapposizione con la politica di integrazione europea (che secondo la dislocazione dei punti cardinali ben si può definire Westpolitik). La politica “occidentale” del legame con la Francia e con l’Inghilterra e con gli Stati Uniti e per l’Unione Europea e nella NATO avrebbe impedito la riunificazione tedesca, da negoziare con la Germania est….

 

Una posizione ridicola, sol che si consideri che la Germania est era una paese privo di volontà politica, che  l’URSS trattava come un avamposto e soprattutto il fatto che la riunificazione tedesca è diventata una prospettiva a breve termine (e a breve termine si è realizzata) con l’implosione del comunismo e la fine dell’Unione sovietica.

 

E solo a seguito di questi avvenimenti il sogno dell’Ostpolitk è diventato realtà: la Germania ha svolto un’attiva politica nella modernizzazione della Russia, che finalmente ha trovato la strada per tornare alla politica della grande  potenza (idea fissa sin dai tempi dello zarismo). La piena espansione nazionale dell’economia tedesca attraverso l’Ostpolitik (intendiamoci bene, anche la Francia ha cercato di fare lo stesso con i suoi tentativi di restaurazione di un grande ruolo continentale, anche se con esiti piuttosto dubbi) ha anche dato qualche soddisfazione all’SPD, ma non credo che gli ideali socialisti ne abbiano riportato avanzamenti significativi, mentre il legame con  la nuova Russia presenta aspetti molto problematici in assenza - di fronte a Mosca – di una controparte dello stesso livello.

 

E ciò mentre sempre più appetibile si rivela il rapporto dell’Europa con la Russia, nel momento in cui la Ttip (la Trans Trade and Investment Parnership con gli Stati Uniti) sembra  ormai destinata a sfumare dietro la montante marea degli interessi corporativi).

 

 E “Alternativa per la Germania” sembra configurarsi come il soggetto più idoneo per gestire una prospettiva di questa natura.  Il successo nel Meklemburg-Vorpommern di un partito di destra “nazionale” come l’ ”AfD”, che non rappresenta affatto un a reviviscenza nostalgica di fatti, pensieri o ideali di cent’anni fa, ma si muove con disinvoltura nel contesto attuale è un fatto estremamente   preoccupante e la Cancelliera tedesca, per di più, sembra muoversi  sulla strada di una strategia di inseguimento e di piccole concessioni, senza porre sul tappeto i problemi di fondo di cui la condizione tedesca è oggi intessuta.

 

 


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