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02/12/24 ore

Scontro Italia-Ue. Il complesso di Calimero e la demonizzazione della Germania



di Riccardo Perissich (da Affari Internazionali.it)

 

L’attacco frontale di Matteo Renzi all’Unione europea, Ue, solleva almeno tre interrogativi. Innanzitutto i temi e i toni.

 

Tentare di politicizzare i contenziosi sugli aiuti di stato è sempre controproducente, trattandosi di materie su cui il giudizio finale non spetta ai governi ma alla Corte di Giustizia. Su diversi altri temi l’Italia ha le sue ragioni, ma si tratta di materie su cui la discussione è aperta e dove abbiamo già ottenuto in parte soddisfazione.

 

I toni ricordano l’eterno complesso di Calimero per cui ci riteniamo vittime di una deliberata discriminazione, salvo poi oscillare fra la dichiarazione che siamo i migliori del mondo, ma anche che siamo strutturalmente incapaci di soddisfare gli impegni liberamente sottoscritti.

 

Inoltre, l’attacco un po’ demagogico alla “tecnocrazia europea” arriva proprio nel momento in cui la Commissione, assieme al Parlamento, unico debole ostacolo alla deriva intergovernativa, tenta dopo anni di gestione opaca di riacquistare un ruolo politico.

 

Infine il più importante: aprire un conflitto aperto con la Germania. È probabile che la reazione irrituale di Jean Claude Juncker sia stata motivata anche dallo sgomento di assistere a uno scollamento fra i due soli governi che in un’Europa in serio pericolo di disfacimento mantengono una certa forza e quindi dovrebbero cedere meno di altri alla tentazione di rincorrere i populisti per acquistare consenso interno.

 

Demonizzare la Germania, deve pensare il presidente della Commissione, rischia di condurre Angela Merkel all’isolamento, ad arrendersi di fronte alle difficoltà, soccombere alle pressioni interne e gettare la spugna. È dunque sul rapporto con la Germania che dobbiamo concentrare l’attenzione.

 

Italia senza una politica tedesca

L’Italia non ha più una “politica tedesca” da molti anni. Abbiamo sempre preferito focalizzarci sul rapporto con Francia e Gran Bretagna, più di recente con la Spagna, anche se siamo stati raramente ricambiati. Certo, ci sono stati Ciampi, Monti e Napolitano; ma sono state iniziative personali, non seguite e forse nemmeno condivise dall’insieme della classe dirigente.

 

Se a un italiano o a un tedesco si chiede quale paese europeo sente più vicino, nessuno indicherebbe rispettivamente la Germania e l’Italia. Eppure abbiamo più cose in comune di quanto si pensi. Due unità nazionali tardive, esperienze democratiche a dir poco travagliate, le ferite di un nazionalismo distruttivo.

 

Nel dopoguerra, l’Europa è stata vista in primo luogo come un modo per ritrovare dignità nel consesso delle nazioni. Inoltre due costituzioni che limitano il potere dell’esecutivo a profitto della centralità del Parlamento, una preferenza per un’organizzazione statale (nel caso italiano ancora in divenire) di tipo federale. Negli affari internazionali una radicata riluttanza ad assumere responsabilità militari. Due economie ancora in gran parte basate sulla manifattura.

 

L’influenza di alcuni di questi fattori ha fatto sì che Italia e Germania siano sempre state i due grandi paesi più propensi a sposare una prospettiva federale dell’evoluzione della Ue.

 

Il nostro rapporto con la Germania è invece stato caratterizzato da un misto di ammirazione e antipatia da parte italiana e di diffidenza e irritante condiscendenza da parte tedesca. Nonostante i legami economici, l’immigrazione e il turismo, i due paesi non si conoscono.

 

Le responsabilità di questo stato di cose sono largamente condivise ed è inutile fare la lista dei meriti e dei demeriti, ma le assurdità che si leggono sulla stampa tedesca a proposito dell’Italia sono pari solo a quelle che si leggono sulla stampa italiana a proposito della Germania…

 

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