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02/12/24 ore

Grillo e il dogma dell'invettiva


  • Ermes Antonucci

Beppe Grillo è tornato ad attaccare il presidente Napolitano. Ovviamente ciò che qui si sostiene è l’assoluta legittimità di avanzare critiche nei confronti delle figure istituzionali, anche le più autorevoli, come appunto quella del presidente della Repubblica. Se c’è una cosa su cui Grillo, Travaglio e Co. hanno infatti ragione, pur smentendosi nella prassi, è che “Napolitano non è il Papa”.


Si tradiscono, dicevo, nel momento in cui però la loro critica acquisisce un carattere dogmatico, in nome dell’invettiva “a tutti i costi”, quando la valutazione finisce col riguardare la persona in sé, approssimandosi all’insulto gratuito e insensato e oscurando la pur valida argomentazione.

 

Diverse sono le critiche che potrebbero essere avanzate a Napolitano. L’eccessivo interventismo nell’agenda politica, ad esempio, palesato anche oggi in un’intervista sull’Unità: un continuo richiamo ad approvare una nuova legge elettorale che di recente è andato a collocarsi ben oltre la normale funzione di moral suasion.

 

Parallelamente, l’abbandono della gravissima questione carceraria, definita di “prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile” dallo stesso Napolitano un anno fa, e che meriterebbe un’attenzione particolare, essendo in gioco la vita di migliaia di persone e il rispetto dei più elementari diritti umani.

 

Tutto ciò non viene preso in considerazione dai polemici commentatori, che, elevandosi a difensori della libertà di opinione, non fanno altro che seguire un accecante interesse di fondo, ora elettorale ora politico-giustizialista.

 

Tornando a Grillo, in un post dal titolo “Il peggior presidente della Repubblica” il leader del Movimento 5 Stelle lancia un provocatorio annuncio: “Cercasi ottantenne, maschio, laureato in giurisprudenza, pluridecennale esperienza partitica, per la prossima presidenza della Repubblica. Astenersi lavoratori”.

 

Grillo sottolinea che per essere eletti presidenti della Repubblica bisogna avere un’età elevata, una laurea (quasi sempre in giurisprudenza), “aver vissuto di stipendi pubblici per quasi tutta la vita”, e rileva con ironia che il presidente di solito “acquisisce una salute di ferro”.

 

A parte l’inconsistenza delle osservazioni di Grillo (intende mostrarci la sua antipatia per la laurea in giurisprudenza? Vuole che i presidenti non godano più di una salute di ferro?), e a parte l’illazione berlusconiana per la quale “il presidente assume il ruolo ufficioso di segretario del partito di appartenenza”, ciò che colpisce è l’ennesimo ricorso allo strumento del sondaggio per ricevere una legittimazione automatica e cieca.

 

Il sondaggio “Chi è stato il peggior presidente della Repubblica Italiana?” vede – sorpresa sorpresa! – la vittoria di Giorgio Napolitano con il 54% dei voti, seguito a larga distanza da Francesco Cossiga con 18% e da Oscar Luigi Scalfaro con 15%.

 

Voilà, l’uso plebiscitario del sondaggio mascherato da trionfo di democrazia partecipativa consegna il desiderato risultato. Per la gioia di Grillo e dei grillini.


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