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02/12/24 ore

Responsabilità. Rispondere di sé, rispondere all'altro



Interrogare il senso della parola. Ma esplorare anche le possibilità di un nuovo sentirsi responsabili nell'oggi della storia, vivendo 'paticamente', ovvero con pathos e ragione, un modello di etica della relazione. È l'invito che viene da Mario Vergani, ricercatore in Filosofia teoretica presso l'Università di Milano-Bicocca, nel saggio 'Responsabilità. Rispondere di sé, rispondere all'altro', edito da Raffaello Cortina (pp. 166 euro 17). In queste pagine, l'autore indaga una responsabilità che significa rispondere di sé e dell'altro, aver cura di una storia che non respinge nella morte della relazione.

 

Sloterdijk nella sua diagnosi dello spirito del tempo definisce la condizione di asocialità diffusa, con molti effetti di rimbalzo, uno dei quali è - voluta o subita - la strategia di esonero. Inedia e apatia possono confinare. I diagnostici della contemporaneità sono tornati all'antico, alla ricerca dei legami. Al 'vincolo', come lo definiva Giordano Bruno. "L'etica della responsabilità in un mondo di consumatori - avverte Vergani - non può ridursi alla mera idea di consumo responsabile". Perciò nell'età dello svincolamento, come è stata definita la nostra, "non si tratta di amplificare i legami ma di tessere e ricucire con grande pazienza i legami con chi ci è prossimo. Della necessità di farsi carico dell'altro".

 

Oltre il sistema-labirinto, torna ad affacciarsi  lo schema platonico dell'Alcibiade maggiore, dove è forte l'epimeleia heautou, il prendersi cura. E il verbo melei traduce quel 'mi sta a cuore'. Non è cosa devo ma come posso o possiamo fare.

 

Nel viaggio ineguale di una umanità inesauribile il termine chiave è connessione: "Al di là dei confini statali e dunque delle possibili imputazioni di responsabilità proprie delle singole comunità politiche, oggi sono i processi sociali strutturali che attraversano le frontiere per estendersi a livello globale a produrre ingiustizie, rispetto alle quali è necessario chiedersi chi sia il responsabile, dato che sono tali processi a connettere tra loro persone che non hanno altri legami e a rendere dunque aleatoria l'attribuzione" (Vergani, Responsabilità, p. 75). Torna ancora una volta il faro della ragione e il foro, interno, della coscienza. Perciò - è lì'invito di Habermas - l'etica dell'intenzione deve cedere a un'etica della responsabilità.

 

E' necessario tornare a incamminarsi non per i sentieri interrotti ma nelle terre verdi della relazione co-costitutiva tra persone, un riconoscere l'altro e il valore della sua storia. Un atto che non ha origine in un debito ma è dono di relazione. Differenza e scardinamento. Responsabilità che non rinuncia al faccia a faccia con l'altro. Il biblico 'Eccomi', che Abramo pronuncia, messo alla prova da Dio (Gn 22,1), tradice l'ebraico hinemi, termine composto da due elementi: ni-me e hine-ecco, espressione quest'ultima che indica presenza. L'altro che mi chiama mi sfida, è un appello che esige la mia risposta, mi indica e mi vuole responsabile.

 

Ma perché l'etica delle responsabilità sia tale, è necessario che sia concreta, storica. Che riduca asimmetrie e distanze, sproporzioni e salti che uccidono. Oggi "ci troviamo come offerti, esposti a un altro altro, all'alterità dell'altro uomo che non accetta scusanti e impedisce di scaricare la responsabilità. Alterità dall'altra riva e senza terra, quale io stesso sono stato e sarò".

 

Rinvio che libera, non incatena. Ri-orienta al futuro. E forse "dobbiamo rovesciare l'impostazione: non rispondere di sé per rispondere all'altro, ma - al contrario - rispondere all'altro per rispondere di sé. per quanto ci cercheremo, da soli non ci raggiungeremo mai. Perché solo grazie all'altro ci troviamo" (p. 151).

 

Salvatore Balasco

 

 


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