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01/12/24 ore

Storie di mafia, storie da ricordare (4): Roberto Antiochia, Beppe Montana, Ninni Cassarà



di Dario Caputo

 

Continua il nostro viaggio tra le vittime uccise per mano della mafia e dimenticate dallo Stato, dimenticate dai più e che andrebbero, invece, ricordate sempre, non solo i giorni del cosiddetto “ricordo”.

 

Tra di esse non possiamo non citare Roberto Antiochia, l’agente di Polizia della Squadra Mobile di Palermo che dedicò la sua vita, immolandola, per una lotta che solo in pochi hanno dentro le vene. 

 

Roberto nacque a Terni nel giugno del 1962 e dalla cittadina umbra si trasferì in Sicilia proprio per rincorrere il suo sogno, un sogno chiamato libertà. La sua vita è stata interamente dedicata alla lotta alla mafia, un giovane che andò, in maniera consapevole, verso la morte: Roberto morì, per mano della mafia, a soli 23 anni.

 

Legò la sua figura, fin da subito, ad un grande della lotta alla mafia come Beppe Montana, fino al giorno che purtroppo quest’ultimo cadde proprio per mano dei malavitosi contro cui lottava nel luglio del 1985; lo stesso Montana è un’altra giovane vittima della faida siciliana: cadde a soli 33 anni.

 


 

Roberto, a differenza di tanti altri che potrebbero arretrare dinanzi a tanta brutalità e ferocia, davanti alla morte certa, andò avanti, anzi, chiese di più di quello che aveva e andò subito a lavorare, fianco a fianco, con un altro pilastro della lotta alla mafia, Ninni Cassarà, amico di una vita dello stesso Antiochia e Vice Dirigente della Squadra Mobile palermitana della Polizia.

 

I due lavorarono fin da subito fianco a fianco e Roberto prese questa decisione con forza e in modo spontaneo e volontario, quasi come una rivalsa e una vendetta. Purtroppo tutto questo durò davvero troppo poco, poco tempo a disposizione come per tutti quegli uomini e quelle donne che donano la vita alla lotta contro la mafia: Roberto venne brutalmente ucciso, a colpi di kalashnikov, il 6 agosto del 1985, proprio insieme al suo grande amico Ninni.

 


 

Antiochia ha dedicato tutta la sua vita alla lotta alla mafia, come un cancro da estirpare, ed è proprio la sua giovane vita che noi tutti dovremmo ricordare: il suo impegno, i suoi sogni e le sue passioni. Roberto, come anticipato in precedenza, proprio per la sua passione e i suoi ideali, si trovava in quel tragico 6 agosto in qualità di “volontario”: in quei giorni si trovava in ferie ma aveva comunque deciso di dare una mano ai colleghi in quella particolare e convulsa stagione di lotta fra Stato e crimine; una vera missione.

 

Un normale giorno di agosto che, purtroppo, si traformò in tragedia e inferno: i killer scatenarono fiumi di pallottole, i vetri delle finestre del palazzo dove abitava il povero Cassarà andarono completamente in frantumi, sull’intonaco si conficcarono decine di colpi.

 


 

Ninni venne colpito ma cercò di trascinarsi fin dentro il portone del palazzo e proprio l’amico e collega Roberto scese dall’auto, cercò di fare da scudo all’amico e così, anche lui, venne investito dalla raffica mortale; per il giovane poliziotto non ci fu nulla da fare e lo stesso Cassarà morì tra le braccia della moglie, scesa di sotto in un disperato tentativo di salvare il marito, gli altri due uomini della scorta sono vivi per miracolo: Roberto e Ninni, amici e, insieme, attori di un triste e crudele teatro di morte. 

 

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