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02/12/24 ore

L'Imu, una tassa sui poveri



Mi ha molto colpito, nel corso delle recenti polemiche su IMU sì e IMU no, la serena disinvoltura con cui autorevoli membri della Confindustria, dei sindacati, della direzione del PD, e poi sindaci e assessori, intellettuali in servizio permanente e conduttori di talk show vari si sono ripetutamente espressi a favore del mantenimento della tassa.

 

Fatta la tara su posizioni pregiudiziali evidenti – poiché lo vuole l'avversario politico bisogna dire no – resta inspiegabile il sostegno offerto da parte di aree e forze che dovrebbero spendersi a difesa dei più deboli, a una tassa che compete con quella sul pane, di ottocentesca memoria, per la palma della più indecente della storia.

 

La spiegazione è evidente: l’IMU sulla prima casa è una tassa sui poveri, ed è per questo che piace tanto ai miliardari – se ho venti palazzi che vuoi che sia una tassa su un appartamento in più – e a sinistra: una sinistra che da tempo si è messa al servizio della borghesia più retriva a speculatrice, tradendo del tutto le sue origini. 

 

Perché è una tassa sui poveri? Cerchiamo di spiegare il perché partendo proprio da uno dei cavalli di battaglia dei suoi sostenitori: il fatto in “tutta Europa” esista una tassa locale sulla prima casa. È vero, ma si dimentica di aggiungere che in “tutta Europa” solo i ricchi posseggono un’abitazione.

 

Facendo un paragone che adesso va tanto di moda – ma le percentuali non varierebbero se si considerassero altri paesi – in Germania solo il quaranta per cento delle famiglie possiede la prima abitazione, mentre in Italia la percentuale ha superato l’ottantacinque e si avvia al novanta per cento.

 

Da noi il quaranta per cento è invece la percentuale di quanti ne posseggono una o più, appunto presumibilmente i più benestanti. Ma questa differenza non deriva dal fatto che la Germania sia più povera di noi, anzi: in Italia, a differenza degli altri paesi, sono i poveri che hanno “dovuto” acquistare nei passati decenni un’abitazione, grazie alla scellerata politica della casa che ha regalato le case degli Enti pubblici a politici e sindacalisti, i pochi alloggi popolari a raccomandati e banditi, e distrutto il mercato degli affitti con l’Equo canone e la cancellazione di fatto del diritto di proprietà.

 

Costringendo le persone per bene, prive di coperture sindacali o di partito, a dissanguarsi con i mutui da strozzino delle banche, pur di assicurare a sé e ai propri figli un tetto. Un tetto si badi bene gravato da imposte e tasse già al momento dell’acquisto, insieme con l’estorsione notarile – questa in “tutta Europa” non c’è, ma guarda caso nessuno lo nota.

 

Se a questi poveri aggiungiamo una fascia di eredi, che hanno avuto il cattivo gusto di sopravvivere ai propri genitori al punto da ricevere quello che già i defunti hanno strapagato allo stato durante la loro vita, ma che non per questo possono essere definiti ricchi, ecco che si raggiungono le singolari percentuali italiane. E se poi aggiungiamo che i proprietari sono in gran numero pensionati - perché la curva retributiva in Italia è tale che solo dopo i cinquanta anni mediamente è possibile accollarsi gli oneri di un mutuo – ecco che il teorema possessore di prima casa uguale ricco si rivela del tutto privo di fondamento.

 

Ma nonostante queste evidenze, una certa sinistra e i miliardari vogliono la tassa sulla prima casa. È probabile che alla fine ci riusciranno, perché quando all’astuta malizia dei potenti si somma l’ottusità dei sanculotti, non c’è forza che possa resistere. 

 

Fra’ Diavolo

 


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