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30/11/24 ore

La Turchia osserva il massacro dei curdi di Kobane



di Marco Guidi (da affarinternazionali.it)

 

Trattare con i curdi, diffidare dei curdi, aver bisogno dei curdi. E al tempo stesso sostenere i sunniti, ma diffidare, finalmente, dei sunniti estremisti, senza però favorire il regime di Bashar al-Asad sul cui abbattimento si continua a contare.

 

 

I resti di quella che fu definita la politica neottomana della Turchia sono lì visibili a tutti, ma il presidente Recep Tayyip Erdogan e il suo primo ministro Ahmet Davutoglu non sanno apparentemente che pesci pigliare, paiono quasi ottemperare al famoso verso dantesco “che pentere e volere insiem non puossi, per la contraddizion che nol consente”.

 

E di contraddizioni la politica estera turca ne annovera ormai molte, troppe forse. Dai tempi in cui Davutoglu, allora ministro degli Esteri, sosteneva con decisione il tema di "nessun problema con vicini" a quelli di oggi pare passato un secolo. Ma forse sono proprio le contraddizioni, le volontà inespresse (o espresse solo in parte) che condizionano e riducono praticamente all’immobilismo, almeno fino a ora, la Turchia.

 

Erdoğan ha bisogno dei curdi turchi

 

Da tempo Erdogan sta conducendo trattative con i curdi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), per arrivare a una qualche forma di accordo e in queste trattative è coinvolto in prima persona il leader del Pkk Abdullah Öcalan, rinchiuso nel carcere dell’isola-fortezza di Imrali nel Mar di Marmara.

 

Al contempo però, le visite al prigioniero da parte soprattutto degli uomini del Mit, il servizio segreto turco, ma anche di avvocati e politici ormai non si contano.

 

Il fatto è che Erdoğan ha bisogno dei curdi di Turchia. Ne ha bisogno per arrivare finalmente a una pacificazione, ma anche perché per il suo progetto di cambio della costituzione in senso gollista - o forse putiniano - gli servono i voti del partito dei curdi dal momento che né il vecchio partito di Ataturk né la destra dura che originò il fenomeno dei lupi grigi (do you remember Mehemet Alì Agca?) voteranno a favore della sua riforma costituzionale.

 

Legami con i curdi iracheni

 

Erdoğan ha stabilito legami anche con i curdi iracheni di Erbil, di fatto indipendenti, almeno fino a prima dello scoppiare del conflitto con l’autoproclamatosi stato islamico (Is).

 

A tenerli vicini è una relazione che va dal petrolio alla richiesta di controllo dei guerriglieri del Pkk rifugiati in territorio curdo-iracheno. E poi c’è l’opinione pubblica turca (quella non curda, quella non alevita, quella di destra, comunque una maggioranza anche se meno grande di quello che Erdogan afferma spesso) da tenere tranquilla.

 

Insomma, la Turchia, da cui, non dimentichiamolo, sono passate migliaia di volontari che sono andati a ingrossare non solo le fila dell’Is ma anche dei qaidisti tipo Al-Nusra, deve cercare di far quadrare un cerchio, cosa notoriamente impossibile in geometria e difficilissima in politica.

 

Battaglia di Kobane

 

C’è poi il problema attuale dei curdi di Siria, i quali sono in gran parte aderenti all’Unione democratica curda (Pyd), partito legatissimo al Pkk. I soldati turchi stanno lì, con le armi al piede, a osservare la disperata battaglia di Ayn al-Arab, in curdo Kobane, assalita dai militanti fondamentalisti.

 

Però i militari della mezzaluna non stanno affatto fermi quando si tratta di bloccare i curdi che vogliono accorrere in aiuto dei loro fratelli a poche centinaia di metri al di là della frontiera e bloccano uomini, armi, viveri e medicinali.

 

Il perché è chiaro: Erdogan teme la sola idea di una zona autonoma curda in Siria in corrispondenza della frontiera turca, di una zona autonoma federata con il Pkk, con i combattenti dell'unità di difesa del popolo (Ypg), a far causa comune con quelli del Pkk e, in futuro, chissà a unirsi anche territorialmente con i peshmerga di Erbil e ormai anche di Kirkuk.

 

È davvero strano che i commentatori non abbiano colto che in tutto questo caos i curdi iracheni sono riusciti a riconquistare quella che loro giudicano la loro vera capitale con buona pace di Erbil e di Suleyimayiah, capitale oltretutto ricchissima di petrolio...

 

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