Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

04/12/24 ore

Del Turco: torturato come Tortora



intervista a Ottaviano Del Turco di Errico Novi

(da Cronache del Garantista del 6 luglio 2014)

 

Ottaviano Del Turco è un uomo che sa sorridere. Vive una delle più incredibili vicende giudiziarie degli ultimi anni. Eppure non smette di scorgere nelle cose il loro verso paradossale. Solo così può accarezzare la vita che a un certo punto lo ha sottoposto a una prova terribile. «Nessuno può avere idea di cosa sia un processo come il mio, se non ci sta dentro.

 

Solo da dentro si vedono tutti i dettagli di una tortura processuale come quella che ho vissuto, anche quelli piccolissimi». Non sono stati anni da incorniciare, questi ultimi sei, per Del Turco.

 

Ma l’ex numero due della Cgil («l’immagine a cui tengo di più»), che è stato anche segretario del Psi, parlamentare antimafia, ministro e poi presidente dell’Abruzzo, questo signore contro il quale sei anni fa ci si è avventati con gli artigli della ferocia forcaiola più cieca, non smette di amare i suoi quadri, di passeggiare per la sua Collelongo, di gustarsi la solitudine che è anche benefico distacco. Né gli costa fatica raccontare i dettagli anche paradossali e comici della sua odissea processuale.

 

Un pezzetto di questa storia è riemerso in tempi recenti: qualche settimana fa (il Garantista ne ha parlato domenica scorsa), i pm di Chieti hanno spiegato ai giudici dov’era andato a finire il “tesoro” dell’uomo che accusa Del Turco: Vincenzo Angelini, ex re delle cliniche abruzzesi, la cosiddetta gola profonda che ha raccontato la storia delle tangenti scambiate con sacchi di mele, un uomo accusato di bancarotta per cifre colossali, avrebbe trasferito la bellezza di 100 milioni di euro alle Antille Olandesi.

 

La Procura spiega di aver trovato le “contabili”, cioè le prove certe. Era tutto nell’hard disk di un commercialista, un certo Marco Rovella. Un uomo così pieno di sorprese, Angelini, uno che secondo l’inchiesta di Chieti avrebbe fatto fallire un impero di cliniche private per mettere da parte 100 milioni ai Caraibi, ha goduto di una considerazione assoluta da parte dei giudici di Pescara.

 

Gli hanno creduto e hanno condannato Del Turco in primo grado a 9 anni e 6 mesi. «Quasi come Tortora», fa notare l’ex governatore, uno dei pochi passaggi in cui la voce si fa un po’ più arrabbiata.

 

Senta Onorevole, è chiaro che non ci sono certezze. Non ce ne sono della sua colpevolezza, non possiamo dire di averne neppure del supposto magheggio caraibico di Angelini. Ma le è mai passato per la testa, in questi anni, che dietro le accuse potesse nascondersi un presunto tesoro?

 

È stato evidente fin dall’inizio.

 

Evidente a chi?

 

A me che gli avevo fatto le leggi contro.

 

Quali leggi?

 

Prima che diventassi presidente della Regione, Angelini, proprietario di un gruppo come Villa Pini, stracolmo di convenzioni, riceveva i rimborsi a pie’ di lista. Diceva di aver erogato prestazioni per un determinato costo, e la Regione pagava.

 

Poi cos’è successo?

 

Che le delibere della mia giunta e le leggi approvate in Consiglio regionale hanno messo fine a quella follia. Ed evidentemente gli hanno creato dei problemi.

 

L’ha accusata per questo?

 

No. Angelini è stato passato al setaccio dal Nas dei carabinieri alcuni mesi prima che io fossi arrestato. Ai pm l’Arma ha detto: questo signore andrebbe arrestato. Nel momento in cui la Procura di Pescara comincia a mettere sotto torchio Angelini, una perizia accerta che 60 milioni del suo patrimonio sono già stati trasferiti dai conti delle cliniche ad altre imprecisate destinazioni.

 

Cosa gli succede?

 

Il procuratore capo Trifuoggi gli dice che tutto appare incomprensibile se non lo si ricollega a un meccanismo esiziale di concussione. Gli dice: lei questi soldi li deve accantonare per la politica, è l’unica spiegazione.

 

E lì Angelini fa il suo nome.

 

Macché. Dichiara di non aver mai pagato nessuno. È tutto negli atti processuali, questo scambio tra la Procura e Angelini. Trifuoggi insiste. Cerca di far capire ad Angelini che se lui fa i nomi di chi lo ha concusso rende un grande servizio alla Giustizia.

 

E quindi lui fa i nomi degli amministratori.

 

E nemmeno. Se ne torna a casa sua. Parla con il suo avvocato, evidentemente. Dopo 8 giorni si ripresenta in Procura e dice: sono stato concusso. Ho pagato tangenti. Solo a Del Turco ho dato oltre 5 milioni e mezzo.....

 

prosegui la lettura su il Garantista

 

 


Aggiungi commento