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02/12/24 ore

Il governo di una democrazia malata



In questa intervista rilasciata a «Quaderni Radicali», Emanuele Macaluso – storico esponente del Pci – si sofferma su tre aspetti importanti dello scenario politico italiano.

 

Il primo riguarda la natura irrisolta della democrazia praticata nel Paese dal dopoguerra a oggi: una situazione che, come dimostra il suo ripetersi anche dopo la fine del bipolarismo Est/Ovest, trova le sue ragioni nel carattere profondo di una società che resta pre-moderna e corporativa.

 

La mancanza di alternative reali si ripercuote anche sul secondo ordine di problemi affrontato, vale a dire la difficoltà nel trovare un percorso di riforma delle istituzioni, che non sia soltanto di facciata ma rimuova le zavorre costituite da un apparato statale pletorico e immobilista. Infine, Macaluso lancia un allarme appassionato circa le prospettive di sviluppo dell’Italia, dal momento che gli interventi adottati finora sono ben lontani dall’apparire risolutivi. Anche a causa di un deficit di cultura politica dovuto all’assenza dei luoghi stessi della partecipazione democratica.


 

 

Emanuele Macaluso, a oltre due anni dall’assunzione della segreteria, è forse giunto il momento di considerare quale effetto abbia determinato Renzi sulla fisionomia del Partito Democratico…

 

In quanto segretario del PD, si deve tener conto che quest’ultimo non può essere interpretato come un partito ma piuttosto come un aggregato. Meglio ancora un insieme di aggregati e questo perché è nato male. È nato da una costola del vecchio Pci, i Ds, e da una costola della vecchia DC, la Margherita. Fu una “fusione a freddo”, di cui ci rese conto già all’epoca della sua fondazione . Difatti già nel 2007 pubblicai un testo per Feltrinelli intitolato Al capolinea. Controstoria del Partito Democratico, perché sin da allora ero convinto che non avrebbe avuto un avvenire.

 

Il PD è cresciuto come un conglomerato di realtà diverse tra loro ed oggi è governato dai notabili locali, dai presidenti di regione che non erano renziani – in Sicilia, in Puglia, in Campania e in pratica ovunque. Sono dei gruppi distinti, un insieme di gruppi. Anche l’opposizione interna è divisa in raggruppamenti: c’è quello di Bersani, di Fassina, di Cuperlo… Ne consegue che dentro il partito non esiste una vera alternativa a Renzi, perché con le primarie non si costruiscono delle reali alternative. In fondo, Renzi con le primarie ha realizzato una sorta di OPA su un partito che di fatto non è più tale essendo solo una somma di aggregati...

 

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