Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

30/11/24 ore

Riforma della Cooperazione, i nodi da sciogliere


  • Francesca Pisano

La stampa ci ha messo lo zampino ed è così che sono iniziate a circolare informazioni su una bozza interministeriale di riforma della legge numero 49/87, “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo”. Fra le novità spicca la nuova ragione sociale del Ministero degli affari esteri che diventerebbe Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.

 

E’ inoltre prevista la nomina di un vice ministro che dovrà partecipare “alle riunioni del Consiglio dei ministri in tutti i casi in cui esso tratti materie che, in modo diretto o indiretto, possano incidere sulla coerenza e sull’efficacia delle politiche di cooperazione allo sviluppo”.

 

La riforma annunciata prevede che sia il Consiglio dei ministri ad approvare il documento triennale di programmazione e indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo. Tale piano triennale, risultato della collaborazione di diversi attori pubblici della cooperazione, indica “la visione strategica, gli obiettivi di azione e i criteri di intervento, la scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi” e inoltre “i diversi settori nel cui ambito dovrà essere attuata la cooperazione allo sviluppo”.

 

La bozza prevede inoltre che il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS), con il compito di programmare e coordinare le attività, sia presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Dall’approvazione eventuale del testo deriverà poi l’istituzione di una Conferenza nazionale per la cooperazione allo sviluppo, “strumento permanente di partecipazione, consultazione e proposta” che vedrà riuniti soggetti pubblici e privati, profit e non profit, rappresentanti dei ministeri, di enti locali e di organizzazioni della società civile, al fine di condividere pareri in materia di cooperazione, valutare la coerenza delle scelte politiche, delle strategie, della programmazione e delle forme di intervento.

 

Si parla inoltre della creazione di un’Agenzia per la Cooperazione allo sviluppo, con bilancio autonomo e il cui direttore viene nominato dal Presidente del Consiglio. Tra i compiti dell’agenzia vi è quello di attuare gli indirizzi generali in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (APS) fissati dal CICS e di svolgere, dietro indicazioni fornite dalla Direzione Generale Cooperazione Sviluppo (DGCS), attività di carattere “tecnico-operativo connesse alle fasi di istruttoria, formulazione, finanziamento, gestione e controllo delle iniziative di cooperazione”.

 

Va detto che perplessità consistenti derivano dalle parole “soggetti aventi finalità di lucro” accostate a quelle come “finanziamenti” provenienti dalla cooperazione allo sviluppo. E’ l’articolo 26 a parlarne, stabilendo, ancora intenzionalmente, che “è promessa la più ampia partecipazione” di soggetti come “imprese, cooperative e istituti bancari alle procedure di evidenza pubblica dei contratti per la realizzazione di iniziative di sviluppo finanziate dalla cooperazione allo sviluppo”.

 

Una promessa di tal peso potrebbe suonare come una minaccia per i paesi beneficiari, considerando che molto spesso le tecniche che vengono adottate dai soggetti con finalità di lucro non sono in grado di rispettare le condizioni di vita dei popoli beneficiari e lo sviluppo da essi indotto non sempre riconosce quanto sia importante conservare e valorizzare le pratiche esistenti di lavorazione delle risorse della terra.

 

E’ opportuno quindi che venga portato avanti un calendario di consultazioni fra le istituzioni, le organizzazioni della società civile e gli attori privati, perché si proceda sulla strada del confronto e della programmazione condivisa dei lavori e della attività, questione di cui la bozza in esame già parla, ma che dovrà essere specificata meglio nella versione finale.

 

Altro elemento che emerge da questo testo è il "naufragio del Fondo unico" come sostiene Luca De Fraia, Segretario generale aggiunto di Actionaid. In tal modo viene abbandonata la volontà di unificare la gestione delle risorse presenti nei diversi capitoli ministeriali (ambiente, finanze, istruzione, cultura e ricerca). Viene fatto spazio invece a una sorta di budget consolidato nel quale siano convogliate le cifre suddivise fra le diverse amministrazioni.

 

Altre critiche provengono da chi ritiene che la bozza di riforma della legge 49 del 1987 sia l’emblema di una Cooperazione saldamente detenuta nelle mani della Farnesina, mentre invece viene dato poca importanza a soggetti quali i corpi civili di pace o coloro che operano per la prevenzione non violenta dei conflitti.

 

Simili considerazioni vengono fatte inoltre da quanti vedono in questo progetto in fieri un modo per dare risalto a una concezione di cooperazione meramente assistenzialista e caritatevole, a discapito delle realtà della società civile italiana che l’hanno sperimentata operando direttamente in paesi come Africa, America Latina e Asia, secondo un approccio che mette al centro i diritti fondamentali e la tutela dell’ambiente.

 

E’ opportuno a questo punto tenere in considerazione quanto previsto dal Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2014 e per il triennio 2014-2016, relativamente al Ministero degli affari esteri. In esso sono stati determinati dei tagli ingenti che incidono sulla Cooperazione allo sviluppo e che trovano tuttavia compensazione in quanto previsto dal Disegno di legge di stabilità 2014 che destina risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione di politiche comunitarie ai programmi di cooperazione allo sviluppo, realizzati dal Ministero degli affari esteri, in coerenza e a complemento della politica di cooperazione dell'Unione europea. Tali fondi sono fissati nel limite massimo di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016.

 

Nella Relazione del Ministero degli Affari esteri a firma di Emma Bonino, presentata a supporto del Bilancio di previsione, si sottolinea l’importanza di riallineare gli Aiuti pubblici allo sviluppo provenienti dall’Italia agli standard internazionali e “risollevare l’attuale condizione che ci vede penultimi donatori nell’ambito del Comitato di aiuto pubblico dell’OCSE”.

 

 


Aggiungi commento