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01/12/24 ore

Cda Rai, fuori i partiti dentro le correnti e i finti antagonisti


  • Ermes Antonucci

Fallita ogni ipotesi di riforma, alla fine il cda della Rai è stato nominato in linea con quanto previsto dalla legge Gasparri, e secondo i soliti schemi spartitori e lottizzatori della partitocrazia, che nella televisione pubblica ha da sempre trovato uno dei terreni fertili preferiti in cui crescere nel disinteresse generale. Tre consiglieri al Pd (Guelfo Guelfi, Rita Borioni, Franco Siddi), due al Pdl (Arturo Diaconale e Giancarlo Mazzuca), uno al M5S (Carlo Freccero) e uno ai centristi (Paolo Messa). Tutti felici e contenti di aver ottenuto anche questa volta una fetta della torta nel proprio piatto.

 

La cosa giornalisticamente più semplice da fare, in casi come questo, sarebbe riprendere - come in effetti fa qualcuno - le passate dichiarazioni d'intenti di colui che nella grande narrazione nazionale ricopre il ruolo di "innovatore", ossia Matteo Renzi. Riportare, ad esempio, le parole da lui espresse lo scorso marzo (“Fuori i partiti dalla Rai”) e confrontarle con la triste realtà dei fatti emersi oggi. Non lo facciamo, ma per il semplice motivo per cui non è necessario andare poi così indietro nel tempo per cogliere i paradossi che il nostro presidente del Consiglio ci offre.

 

"Mai così tante riforme dal '48" e "E' evidente che la nostra scommessa sulla tv pubblica è di grande respiro" sono, infatti, affermazioni pronunciate da Renzi proprio oggi, di fronte all'ultima spartizione pubblica del cda Rai. Passi l'assenza di qualsiasi senso del pudore, peraltro, ci si chiede come sia possibile che nella testa del premier non sia emersa una benché minima considerazione sull'opportunità mediatica-elettoralistica di fare tali affermazioni (direttamente dal Giappone, poi, come se queste non potessero proprio aspettare).

 

Della strabiliante riforma della Rai paventata da mesi da Renzi non v'è traccia, ed un fallimento politico così evidente dovrebbe indurre quantomeno ad attenuare la solita sfacciataggine populistica. Ma tant'è… Nel frattempo a partecipare pienamente alla commedia ci pensano gli "antagonisti", coloro che nei confronti del premier avrebbero la pretesa di rappresentare l'alternativa.

 

La minoranza del Pd ha avuto l'idea geniale di proporre e bruciare in un batter d'occhio il nome dell'ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli. Uno che, interpellato, aveva pure detto di non essere neanche disponibile per questo incarico. Con una minoranza così, Renzi campa cent'anni.

 

Il M5S, invece, che per due anni e mezzo non è riuscito a fare assolutamente nulla per riformare la Rai, nonostante detenga la presidenza della Commissione parlamentare di Vigilanza, è riuscito a far eleggere il proprio candidato, Carlo Freccero, affrettandosi però a precisare subito - oltre che, molto modestamente, l'ex direttore di Rai 2 e Rai 4 è "l'unico competente in cda" - che non si tratta affatto di "lottizzazione", e di averlo scelto solo per la sua competenza professionale.

 

Sarà ... ma la domanda è: se Freccero non avesse mai difeso appassionatamente il movimento di Grillo, definendo il lavoro dei suoi parlamentari “egregio, competente, straordinario”; se non avesse mai detto che quest'ultimi fino ad oggi hanno dimostrato in Parlamento "una competenza e un'abilità che gli altri partiti non hanno assolutamente", e se non li avesse addirittura definiti "figli della contemporaneità", in quanto "lavorano su obiettivi concreti, parziali, precisi", il M5S lo avrebbe mai nominato al cda della Rai?

 

Basta poco, una domanda, per far svanire nei pentastellati ogni presunta superiorità morale. 

 

 


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