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30/11/24 ore

India, i diritti violentati delle donne


  • Francesca Pisano

Succede in India che Gomathi a 17 anni venga picchiata, costretta a bere l’acido e poi impiccata, con la simulazione di un suicidio. Succede che dei fratelli e un padre abbiano organizzato tutto questo orrore nei suoi confronti per il fatto che si è innamorata di un giovane paria, perché ha provato a fuggire via. La sua unica “colpa” è stata l’essere donna e nascere in un piccolo villaggio chiamato Seevalaperi, nel’India meridionale. 

 

Succede a lei e a tante, innumerevoli donne che in questo paese subiscono violenza perché appartengono da sempre a qualcuno e se non gli appartengono potrà essere la bestialità in altri a incontrarle malauguratamente, forse su un tram o forse per strada se non ci saranno, ancora una volta, strade verso cui scappare.

 

In questo Paese, ancora oggi, avvengono matrimoni combinati, in cui le spose sono poco più che bambine, contrasti e ripudi legati alla dote (di cui la donna per tradizione è portatrice), infanticidi femminili, abbandono delle minori e la pratica dell’aborto selettivo.

 

Le donne sono discriminate anche nell’accesso alle risorse sanitarie così come l’assistenza nei confronti delle anziane è più soggetta a negligenza di quanto avviene per gli uomini. Secondo l’ultimo censimento effettuato nel Paese, la differenza tra il numero di donne e quello di uomini presenti ammonta a 37 milioni e questo è dovuto anche all’alta mortalità femminile.

 

Seguendo l’analisi dei numeri emersi dalla Risoluzione sulla violenza nei confronti delle donne in India, promulgata dal Parlamento europeo lo scorso gennaio, “ogni anno tutta una serie di pratiche violente e discriminatorie porta alla morte di circa due milioni di donne e ragazze in India”.

 

Tuttavia, esiste nel Paese un’ondata di sdegno che anima parte dell’opinione pubblica. Essa chiede con urgenza che vengano approvate riforme del diritto vigente e che incidano anche sull’operato della polizia, perché spesso induce le donne a non sporgere denuncia oppure è artefice a sua volta.

 

Le manifestazioni popolari sono certamente un passo importante perché il silenzio che avvolge la violenza esercitata contro le donne venga abbattuto. In questo senso va considerata l’importanza dell’operato del movimento femminile indiano che ha una lunga tradizione nell’attività di denuncia di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e nella richiesta di un’azione politica che sostenga i loro diritti.

 

Nel Paese opera inoltre la Commissione nazionale per le donne dell’India la quale rivolge raccomandazioni al parlamento affinché vengano modificate le leggi vigenti nel senso di una maggiore protezione delle donne dai crimini cui sono tragicamente soggette.

 

L’india è poi destinataria di raccomandazioni ad essa rivolte nell’ambito delle procedure speciali delle Nazioni Unite, in base ai trattati delle Nazioni Unite e in particolare della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna.

 

Anche la costituzione sancisce all’articolo 51 (A) l’obbligo di porre fine alle pratiche lesive della dignità delle donne, eppure ciò che resta sulla carta deve evolvere in un cambiamento culturale radicalmente profondo che solo nel lungo termine potrà produrre i suoi frutti.

 

Nel corso di quest’anno sono state approvate riforme del codice penale da parte del parlamento indiano, esse prevedono l’introduzione di nuovi crimini, come riportato da Bbc Uk. Tra questi lo stalking, gli attacchi con l’acido, il voyeurismo. E’ fissato inoltre l’ampliamento della definizione di stupro e viene sancito che la mancanza di lotta fisica per difendersi non equivale al consenso, inoltre gli operatori sanitari devono fornire cure immediate alle vittime di violenza sessuale o di attacchi con l’acido.

 

Tale riforma è sorta sotto la spinta delle proteste che la popolazione è riuscita più fortemente a portare in piazza in seguito allo stupro che nel dicembre 2012 ha determinato la morte una giovane indiana, a causa della brutalità delle violenze su di lei esercitate da parte degli aggressori. Proprio negli scorsi giorni il tribunale di Nuova Dehli ha pronunciato nei loro confronti la sentenza di morte.

 

Per questo motivo, Amnesty International, pur condannando fortemente le atrocità subite dalla giovane, si oppone all’esecuzione della pena capitale contro i quattro uomini in quanto rappresenta una vendetta sbrigativa che non può avere un effetto deterrente, né potrà porre fine alla violenza contro le donne India.

 

"Occorrono riforme legislative ma anche impegni concreti delle autorità per garantire che il sistema giudiziario agisca in modo efficace”, sostiene Tara Rao, direttore di Amnesty International India. “Queste misure richiederanno un duro lavoro ma nel lungo termine saranno più efficaci e renderanno l'India un posto più sicuro per le donne".


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