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02/12/24 ore

GEA, mondi colori di Emilio Leofreddi


  • Giovanni Lauricella

Nuova personale di Emilio Leofreddi alla galleria Smac di via Velletri, vicino piazza Fiume, uno spazio già familiare per l’artista che ha anche questa volta riempito con la sua ultima produzione. Anche se di opere nuove si tratta è un repertorio che già conosciamo, Emilio Leofreddi ha fatto della sua poetica del viaggio l’emblema della sua proposta artistica.

 

“Legato” all’India, dove spesso trascorre lunghi periodi, trae da questa esperienza numerosi spunti che poi li vediamo trasferire nelle sue opere. Un mito, quello del viaggio e quello dell’India, che ha coinvolto una discreta parte di giovani che dagli anni ’60, con un libro di Henry Miller nello zaino, hanno vagabondato per il mondo. Così tra “Il tropico del cancro” o del “capricorno” hanno rinnovato la vita con esperienze particolari di cui ne conosciamo i contenuti da dei fortunati individui che nel proseguo sono diventati artisti famosi. Boetti, Ontani, sono i primi che verrebbero in mente insieme, ovviamente, ad Emilio Leofreddi.

 

Oltre ai tappeti fatti in India su sua idea e ai quadri che riportano i contenuti geografici ed esistenziali del viaggio mi ha molto colpito una serie di pitture che hanno nei fiori il soggetto principale forse ispirato a Manet.

 

Questo soggetto interamente dipinto, a differenza degli altri dedicati al viaggio che presentano dei collage, mi risulta molto più affabile e comunicativo degli altri che a paragone sembrano freddi (Leo .. quindi autentici Risatona).

 

 

Sono dei dipinti eseguiti in maniera libera e spontanea con molta verve cromatica e un non so che di trascurato e disimpegnato al punto che scolature e macchie campeggiano vistose sulla tela.

Una forma libera e liberatoria che ha piccole tracce di ossessioni dell’artista scritte a matita, come dei promemoria del suo indirizzo culturale.

 

Non so se questa è la sua ultima produzione ma mi sembra più matura ed efficace, una sensualità lasciva che ricorda, anche se è di altra pittura si tratta, quella del grande Schifano che specie nella sua ultima parte della carriera dipinse molti quadri con abbondanti campiture di colore con conseguenti scolature sovrapposte tanto da sembrare caotici ma pieni di un’intensità artistica che solo un grande maestro riesce a  realizzare.

 

Non so se l’influenza indiana dei suoi quadri abbia rilasciato qualche sostanza psicoattiva ma ho come vissuto una reincarnazione del grande maestro in Emilio Leofreddi, una visione che penso mi costerà ulteriori discriminazioni di quante ne ho avute in campo artistico ma mi andava di dirlo anche se, e ci tengo a sottolinearlo, sono pitture di due ambiti differenti e ben distinti e che non intendo minimamente mettere a confronto.

 

In fondo anche Emilio Leofreddi ha dei punti di contatto esistenziali con un mondo visionario che è stato il riflesso di una scelta comportamentale oltre che ovviamente artistica, un percorso che ha accomunato tanti artisti.

 

Per un approfondimento più pertinente c’è un ottimo catalogo appositamente prodotto disponibile in galleria con una ottima presentazione di Graziano Menolascina che è anche il curatore della mostra.

 

 

GEA, mondi colori

di Emilio Leofreddi

a cura di Graziano Menolascina

fino al 17 giugno 2017

galleria Smac

via Velletri 30, Roma

 

 


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