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02/12/24 ore

“L’uomo che voleva uccidere Hitler”


  • Elena Lattes

Nato nel 1907 in Baviera in una famiglia dell’aristocrazia tedesca che decadde nella borghesia dopo la prima guerra mondiale, Claus von Stauffenberg fu avviato fin da giovanissimo alla carriera militare: nel 1926 si arruolò, infatti, nel 17° Reggimento bavarese di Cavalleria della Wehrmacht; nel 1930 fu promosso sottotenente e l’ascesa proseguì in maniera costante anche durante i primi anni del nazismo. Dal 1942, tuttavia, cominciò a dissociarsi dal regime hitleriano, fino ad arrivare in seguito a rivestire un ruolo di primo piano nell’operazione Valchiria e, nel 1944, ad attentare alla vita del dittatore.

 

A questa figura, che per diversi decenni è stata molto controversa e dibattuta e sulla quale probabilmente non si è ancora giunti ad una unanime conclusione, è dedicato un intenso libretto dal titolo intrigante “L’uomo che voleva uccidere Hitler” di Peter Steinbach e pubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna.

 

Risultato di una ricerca approfondita che contempla e riporta numerose fonti, anche di diversa estrazione, questo piccolo volume tascabile racconta minuziosamente, oltre all’intera operazione, la biografia e la formazione di Stauffenberg.

 

Il libro è suddiviso fondamentalmente in quattro parti. La prima affronta l’immagine dell’ufficiale nazista dopo la guerra, prendendo in esame ricordi e testimonianze, e analizzando le opinioni più diffuse e spesso contrastanti della popolazione e le reazioni dei vari governi, soprattutto nella Repubblica Federale.

 

Se fino agli anni ’50 la sua figura fu praticamente dimenticata, dagli anni ’60 in poi, si iniziò a dibattere sulla sua posizione verso il nazismo e se si potesse considerare un esponente della Resistenza. C’era infatti chi lo vedeva come un complice del regime che si ribellò troppo tardi e/o solo per prenderne il posto, chi – pochi - invece pensava che fosse un eroe, chi, invece addirittura, “un costruttore di ponti” tra le varie correnti della Resistenza.

 

Nella seconda, in cui si parla ampliamente della vita e della formazione dell’ufficiale, il ricercatore storico descrive l’ambiente familiare e culturale in cui l’ufficiale crebbe e sostiene che egli fu fortemente influenzato dal poeta Stefan George che frequentò assiduamente fino alla sua morte nel 1933. Intorno all’intellettuale tedesco, infatti, si creò un circolo, di cui fecero parte anche Claus von Stauffenberg e suo fratello Berthold e che fu fondamentale, secondo quanto afferma Steinbach, nello sviluppo dell’indipendenza di giudizio e di pensiero del futuro attentatore.

 

La terza riguarda l’Operazione Valchiria, progetto complesso e articolato, in cui vennero coinvolti numerosi ufficiali e civili. Esso prevedeva l’uccisione di Hitler e un successivo colpo di Stato in cui erano coinvolti anche i governatori stanziati a Parigi, Vienna, Praga e in altri distretti militari nazisti che sarebbero dovuti intervenire per guidare la disobbedienza agli ordini provenienti da Berlino.

 

Come scrive Steinbach: “doveva essere creata rapidamente una nuova struttura di comando che fosse convincente, e doveva insediarsi un governo in grado di agire, esperto, capace di avere successo in breve tempo e dunque efficace, insieme a un nuovo comando militare. Ciò presupponeva che già al momento del colpo di stato fossero a disposizione personalità con esperienza di governo e di comando, che riscuotessero la fiducia della pubblica opinione e della Wehrmacht.”

 

La quarta parte è dedicata alla reazione nazista post attentato, dalle indagini alle esecuzioni che portarono all’incarcerazione, secondo le più recenti stime, a circa 700 persone. Claus fu subito ucciso e le sue ceneri furono disperse nelle fogne di Berlino, affinché non ne rimanesse nemmeno il ricordo e i suoi resti “non inquinassero il suolo germanico”. Gli altri subirono trattamenti variegati tra processi farsa, torture, epurazioni ed esecuzioni.

 

Ebbe a scrivere Goebbels nel suo diario: “La punizione da infliggere ora deve essere di proporzioni storiche. Anche coloro che hanno assunto una posizione incerta meritano la pena di morte …”.

 

Un testo denso, quindi, ricco di informazioni e di spunti sui quali varrebbe la pena riflettere. Un’occasione, non solo per approfondire uno degli aspetti di quel periodo, ma anche per affrontare argomenti di carattere più generale come quelli che riguardano la moralità dei comportamenti, i doveri di ogni essere umano, il cameratismo e l’affidabilità dei propri compagni di viaggio, lo spirito di sacrificio, le difficoltà e il coraggio della ribellione verso i regimi totalitari e, dall’altra, l’indifferenza anche di fronte alle atrocità, la pavidità e la meschinità.

 

 


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