Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

28/11/24 ore

Ràdeca di Romilda Boccia al Frame di Napoli



di Adriana Dragoni

 

“Come mai si è data all'arte?” “Per esprimere me stessa” aveva risposto Romilda Boccia, una signora alta, capelli sul rosso, e ancora bella, che avrebbe esposto alcune sue opere al Frame, la galleria napoletana gestita e diretta dall'architetto Paola Pozzi, sempre intenta a scoprire, in Campania, artisti interessanti. Anche Romilda Boccia, infatti, pur se da tempo vive in Val d'Aosta, è di origine campana e ritorna spesso da queste parti.

 

Delle quali ha nostalgia e conserva le radici, le “ràdeca”, in lingua napoletana, parola che appunto dà il titolo a questa sua mostra. “Quando sono a Napoli - diceva- mi sento bene. E mi succede qualcosa di strano: sogno, o meglio, riesco a ricordare i miei sogni”.

 

Ma, in quanto all'arte, la sua risposta sembrava insoddisfacente. Perché è vero che un'opera è espressione del suo autore e che, come dicono, ognuno ha il diritto di esprimersi, ma non è vero che ogni opera di un “artista” sia veramente un'opera d'arte. L'arte è qualcosa in più. Forse consiste nell'avere da dire qualcosa di nuovo, che si è osservato, contemplato e portato alla contemplazione altrui, qualcosa che desti meraviglia, qualcosa che... (anche queste definizioni non bastano). Ma se Romilda non dice chiaramente a parole della sua arte, lo dice con le sue opere.

 


 

Che poi, nella mostra, fanno un discorso nuovo, espresso con convinzione, cura e attento senso estetico.

 

Il tema della mostra, infatti, è nuovo. Come spiega Paola Pozzi, che della mostra è la curatrice, è la storia di quel “corredo” preparato per la figlia che sarebbe andata sposa. Veniva riposto con cura nell'armadio o nell'apposito cassone, e pochi erano i capi che venivano realmente usati (e presto sostituiti).

 

Questo 'corredo' veniva accuratamente conservato perché passasse poi alla figlia della figlia, che, a sua volta, lo ripassava alla propria figlia....e così via...: Una catena continua. Oggi “fare il corredo” - come si faceva un tempo - non ha senso. L'industria vuole l'“usa e getta”: che  si usi tutto subito, per poi ricomprarlo, secondo modelli sempre nuovi, in una affannosa catena, anche questa continua.

 

 

Ed ecco Romilda, che ci viene a ricordare, con le sue opere, questo rito antico del 'corredo'. Che, un tempo, era quasi qualcosa di sacro, legato alla donna, alla famiglia e alla sua discendenza. Una catena- afferma Pozzi- che viene interrotta proprio da Romilda, che, in alcune delle sue opere, strappa in più parti le “pezze” e le mette in mostra così, in strisce con i bordi sfrangiati. Quasi per affermare la libertà della donna dalla tradizione familiare.

 

Ma le sue opere sono varie. Nella sala della galleria, ci sono anche quadri, fatti di moderni materiali, con la stampa di disegni geometrici, sui quali è sovrapposto un filo di lana (mista ad acrilico) colorata, che a sua volta forma un disegno diverso. Con un bell'effetto. Un accostamento interessante.

 

Il filo di lana è il simbolo dei lavori a maglia che la donna faceva, a lungo, lentamente, con pazienza, rilassandosi e perdendosi nei propri pensieri, belli o meno belli che fossero, ritrovandovi la calma.  Altre opere ancora mostrano delle “pezze” bianche intrecciate tra loro. Una pezza di lino, e ne sembra sentire il profumo della lavanda con la quale è stata riposta nel cassetto, ha il bordo ricamato con un dolce disegno antico e delle pieghe che formano un deciso disegno a ventaglio, da artista contemporaneo.

 


 

E ancora lenzuola, tante, piegate, pronte per essere riposte nell'armadio o nel cassone del 'corredo'. Ma che, pur così accuratamente piegate, non sono impilate l'una regolarmente sull'altra ma sono  poste in modo da formare un complesso disegno lineare più volte spezzato.

 

Forse un disegno non nuovo ma qui si avvale del bianco del lino e delle ombre sottili di un delicatissimo grigio tra un lenzuolo e l'altro. Bello. E ammirato. Ecco la cifra dell'opera di Romilda: è la storia del passato, resa dai tessuti, e quella della modernità, espressa da un astratto disegno dinamico che gli si sovrappone.

 

“Come mai Romilda si è data all'arte?” Perché ha qualcosa da dire.

 


 

 


Aggiungi commento