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30/11/24 ore

I nuovi referendum radicali, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti


  • Francesca Pisano

I Radicali ritornano sulla questione del finanziamento pubblico ai partiti dopo 20 anni dall’ultimo referendum andato a buon fine. Come se un colpo di spugna avesse spazzato via la volontà popolare, cardine “marginale” della nostra democrazia, il conto si è azzerato e si ripresenta la necessità di coinvolgere direttamente i cittadini per confermare ancora una volta davanti alle istituzioni che nulla è cambiato, che quella volontà è rimasta in realtà invariata. E se le istituzioni la ignorano e la scavalcano, allora diventa prioritario interpellarla nuovamente: una, due, dieci, cento volte se sarà necessario, sembra dire la voce unica e determinata che promana dalla campagna referendaria “Cambiamo noi”.

 

Sì perché i Radicali hanno dedicato davvero molta attenzione a questa battaglia nella loro storia. Nel 1993, sono stati loro a organizzare quel referendum abrogativo che vide il raggiungimento del sì all’abolizione del sostentamento pubblico ai partiti. Prima di esso nel 1978 ne fu indetto un altro, ma non raggiunse il quorum, così come è accaduto nel 2000.

 

Oggi, fino al prossimo Settembre, sono nuovamente impegnati nella raccolta delle 500.000 firme necessarie all’effettivo svolgimento del referendum. Chiedono che “i partiti siano finanziati per la forza delle loro idee e non in forza del loro potere” e per questo propongono l’abrogazione dei contributi ad essi destinati e previsti dalla legge n. 96 del luglio 2012.

 

Si tratta del fondo unico per il finanziamento pubblico e il rimborso delle spese elettorali e di quello per il cofinanziamento da parte dello Stato che si aggiunge alle donazioni private. Non subiscono variazioni, invece, le disposizioni sulla detrazione per le erogazioni liberali, quelle che riguardano l’uso di locali per attività politiche, “quelle sulla trasparenza dei finanziamenti privati, sull’anagrafe patrimoniale dei tesorieri e sui limiti massimi delle spese elettorali per le elezioni comunali ed europee”.

 

Il quesito referendario propone l’abrogazione di numerosi articoli che appartengono a quelle leggi emanate tra il 1974 e il 2012 e che attengono a materie quali: il contributo per le spese elettorali per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo; il contributo finanziario statale per le elezioni dei consigli delle regioni; quello sancito dalla legge in favore dei partiti che abbiano partecipato alle elezioni di Camera e Senato. Riguarda inoltre le procedure di riconoscimento dei rimborsi da parte delle istituzioni nei confronti dei partiti che partecipano alle elezioni, i meccanismi di calcolo e attribuzione degli stessi, la richiesta da parte dei beneficiari di poterne usufruire.

 

Impegnarsi nella campagna referendaria vuol dire prima di tutto diffonderne il contenuto e attuare un’efficace propaganda per la raccolta delle firme. D’altronde questo quesito racchiude un tema caro alla politica e oggetto dei dibattiti che avvengono sia fra le gli schieramenti opposti e che all’interno delle stesse coalizioni.

 

Proprio per questo circa un mese e mezzo fa i Radicali chiesero un confronto su questa tematica molto dibattuta anche da parte del Movimento 5 Stelle. Inoltre, l’ultimo comitato di Radicali italiani ha rilanciato un appello al leader di M5S e a Matteo Renzi per il sostegno della campagna referendaria, visto che finora entrambi hanno espresso analoghe posizioni su questo tema.

 

E proprio negli scorsi giorni Grillo ha risposto: “assolutamente sì, generalmente i referendum radicali sono quasi tutti condivisibili” (Anche se poi nottetempo si sono rincorse voci di un clamoroso dietrofront dell'ex comico su suggerimento del redivivo Antonio Di Pietro).

 

Nell'attesa di capire gli sviluppi, pure Alfonso Bonafede, vicepresidente della Commissione Giustizia del Movimento 5 Stelle ha sottolineato che “il finanziamento pubblico ai partiti non solo è ingiusto, ma è uno schiaffo alle istituzioni di questo Paese e uno schiaffo al referendum come momento di partecipazione dei cittadini”; infatti, nonostante esso sia “costituzionalmente tutelato, trova l’indifferenza della nostra classe politica”.

 

Qualcosa forse o meglio qualcuno si sta muovendo e sembra che si stia rompendo quella “solitudine radicale” che sin dal 1978 ha accompagnato il referendum sul finanziamento pubblico ai partiti.


 Cambiamo noi, gli altri referendum a cura di Francesca Pisano

 

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