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02/12/24 ore

L’economia cinese centro nevralgico dell’Asia orientale



di Giuseppe Gabusi *


La Cina è divenuta il primo esportatore mondiale, ed è noto che il paese sta esportando in misura crescente prodotti ad alta tecnologia. Tuttavia, un’analisi che si limitasse a studiare i flussi commerciali con i criteri di misurazione tradizionali sarebbe fuorviante. Infatti, in Asia orientale dagli anni ’80 del secolo scorso ha preso forma un sistema di network produttivi che sta radicalmente cambiando il paradigma del commercio internazionale, con rilevanti conseguenze sulle dinamiche di funzionamento degli accordi commerciali multilaterali.

 

Come si vede dalla figura sottostante, tutto ebbe inizio negli anni ’80 quando le multinazionali giapponesi, soprattutto dopo la rivalutazione dello yen imposta dagli Stati Uniti con gli accordi del Plaza del 1985, iniziarono a delocalizzare intere fasi della produzione in Corea, a Taiwan e in altri paesi dell’Asia sudorientale, a partire dalla Malesia.



Mentre gli anni ’90 e 2000 vedono la comparsa degli Stati Uniti e della Repubblica popolare cinese (Rpc) all’interno del network produttivo regionale, attorno al 2005 si era già verificato un riorientamento delle dinamiche produttive attorno all’hub cinese, divenuto uno snodo cruciale per i flussi commerciali in Asia. Infatti, Taiwan, le Filippine, la Thailandia, la Corea, Singapore e la Malesia sono divenuti tutti paesi fornitori della Cina, relegando il Giappone a una posizione più defilata, anche se indirettamente rilevante soprattutto attraverso gli investimenti a Taiwan e in Malesia...

 

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Articolo pubblicato su OrizzonteCina, rivista online sulla Cina contemporanea a cura di Torino World Affairs Institute e Istituto Affari Internazionali.

 

(*) Giuseppe Gabusi è docente di International political economy e political economy dell’Asia orientale, Università di Torino e Università Cattolica di Milano e Brescia.


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