Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

29/11/24 ore

Renzi non riesce ancora a fare Economia


  • Ermes Antonucci

Il vuoto che, nella baraonda delle consultazioni, caratterizza ancora la casella relativa al ministero dell’Economia rappresenta un po’ l’emblema della contraddittoria politica di Matteo Renzi, attenta più alla forma e agli slogan, che ai contenuti. 

 

Non sapendo ancora che pesci prendere per rilanciare concretamente il settore dell’economia e del lavoro – il tanto annunciato Jobs Act costituisce finora una mera e propagandistica carta d’intenti, fatta solo di titoli generici – il neosegretario democratico ha finito per manifestare la stessa confusione e vacuità programmatica nella scelta del prossimo titolare dello scottante ministero di Via XX Settembre.

 

A pesare sono certamente le pressioni “dall’alto”, quelle di Ue e Bce, che, ormai da diverso tempo, hanno trasformato il ministero dell’economia in un ministero di fatto “a sovranità limitata”, con indicazioni più o meno esplicite sulle nomine di proprio gradimento (negli ultimi anni Monti, Grilli e per finire Saccomanni).

 

Questa volta, però, a condire il quadro vi è l’imbarazzante incapacità di Renzi di individuare un uomo di fiducia che possa attuare le sue riforme ancora da definire. Insomma, il trionfo dell’incertezza, con inevitabili risvolti tragicomici.

 

Ad essere consultati dal Rottamatore per la poltrona dell’Economia, infatti, sono stati prima Romano Prodi, tornato in auge con l’attacco frontale mosso dal Corriere della Sera contro il presidente Napolitano, poi Fabrizio Barca, eretto a leader del centrosinistra italiana dal gruppo De Benedetti con un’attenta operazione mediatica (prima di finire “intercettato” da La Zanzara), Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board Bce (sul quale Repubblica ha immediatamente fatto sentire il suo “metodo”), Franco Bassanini, e persino il defenestrato Enrico Letta, che imbarazzato ha dovuto rispondere “no”.

 

Il premier incaricato, spintonato da una parte e dall’altra, pare aver perso completamente la bussola (semmai ne avesse avuta una). Napolitano e Bruxelles chiedono di proseguire sulla strada di un ministro tecnico, in grado di mantenere gli impegni presi, per questo Renzi ha allungato la lista dei papabili, contattando anche Lucrezia Reichlin, ex responsabile per la ricerca alla Bce, Guido Tabellini, ex rettore della Bocconi e consigliere di amministrazione della Cir di De Benedetti, e Pier Carlo Padoan, nuovo presidente dell’Istat e già consulente della Banca Mondiale. Dal presidente di Bankitalia Ignazio Visco, incontrato ieri personalmente da Renzi, sarebbe invece giunto l’auspicio ad una conferma di Fabrizio Saccomanni.

 

Il segretario democratico, però, sonda anche la pista politica, così nelle ultime ore ha preso quota il nome di Graziano Delrio, storico sindaco di Reggio Emilia ed ex ministro lettiano per gli Affari regionali.

 

Nonostante i proclami sul rinnovamento della politica, dunque, le manovre di Renzi oltre ad essere confusionarie non sembrano rispondere ad una benché minima logica di fondo. E se il buongiorno si vede dal mattino…


Aggiungi commento