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30/11/24 ore

"Fanculo i soldi!" (degli altri), Grillo chiede il conto ai suoi


  • Ermes Antonucci

Dopo che nel referendum interno di pochi giorni fa i parlamentari grillini avevano clamorosamente fatto marcia indietro sulla restituzione della diaria e delle indennità accessorie non utilizzate (il 48% di loro si era espresso per una restituzione “volontaria”, contro il 36% favorevole all’obbligatorietà), Beppe Grillo ha momentaneamente abbandonato la base strategica di Genova per scendere a Roma e riportare l’ordine tra gli eletti a 5 stelle.

 

Il leader del Movimento ha strigliato i suoi adepti, ricordando loro che “se avete firmato qualcosa, dovete rispettarlo”, riferendosi al codice di comportamento, sottoscritto dai parlamentari stellati, che prevede la restituzione di tutte le somme ricevute non utilizzate. E pensare che l’art. 67 della Costituzione – come scrivevamo già nell’ottobre scorso – era stato concepito proprio per evitare che i parlamentari firmassero quel “qualcosa” che oggi Grillo richiama a gran voce, per impedire cioè che si venisse a creare un rapporto privatistico tra elettori ed eletto, il famoso “vincolo di mandato”. Un principio cardine delle moderne liberaldemocrazie, ma che a Grillo non sembra preoccupare più di tanto.

 

Dopo aver annunciato, quindi, che “metteremo nomi e cognomi di chi vuol tenersi i soldi”, perché “non si fa la cresta su ciò che non è rendicontato”, l’ex comico genovese ha arricchito il proprio monito con il suo solito stile colorito. Prima ha dedicato un vaffa alla questione della diaria (“Fanculo i soldi”), poi ha dato del “pezzo di merda” ad Antonio Venturino, il vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana, neo-espulso dal M5S perché rifiuta di restituire i rimborsi eccedenti (o almeno questo è ciò che si sostiene).

 

Proprio Venturino (ora oggetto di continui insulti sulla Rete) questa mattina ha spiegato che in realtà ha rinunciato sin da subito all’indennità di funzione e restituito “quando possibile parte del mio stipendio di deputato”. Inoltre ha sottolineato che “a mancare all’appello è il solo bonifico di marzo”, e ha espresso amarezza per il fatto che l’attenzione si “sia focalizzata su un piano meramente contabile, anziché prendere in considerazione un pensiero di natura strettamente politica”.

 

A mettere nei guai il vicepresidente dell’Ars, infatti, erano state soprattutto le dichiarazioni rilasciate ad alcuni giornali nelle quali criticava la linea politica stabilita da Grillo: “Sono stati fatti troppi errori, in nome di una giusta avversione agli inciuci. Noi non siamo stati eletti per difenderci, giorno dopo giorno, dagli attacchi sul web che riguardano le indennità e i rimborsi spese. Siamo stati eletti per fare politica, anche mediazioni se è il caso”. “Invece di dialogare con il Pd, con il quale si poteva concordare un programma di riforme – aggiungeva Venturino –, abbiamo consentito a Berlusconi di rilanciarsi, di togliere di mezzo Bersani e dare le carte nel governo Letta. Siamo ancora in tempo ad avviare un confronto col Pd, evitando almeno che Berlusconi mantenga il potere di staccare la spina, quando vuole, all’esecutivo e di condizionarlo dunque pesantemente”.

 

Insomma, un giudizio tutto politico quello di Venturino, che però si concludeva così: “Siamo entrati in un meccanismo per il quale dobbiamo difenderci e giustificare i rimborsi spese pur rinunciando ogni mese, come nel mio caso, al 55 per cento dello stipendio. Io ritengo che, con uno stipendio di 2.500 euro al mese, sia inibito lo svolgimento della funzione parlamentare”.

 

Proprio quest’ultima uscita, insomma, avrebbe permesso a Grillo di intervenire direttamente nella vicenda e porla su un piano strettamente economico e “contabile”, evitando con furbizia di entrare nel merito di una discussione prima di tutto politica. Sembra quindi che, anche questa volta, a determinare l’espulsione sia stata la mancata osservazione della linea stabilita da Grillo, sulla quale nessuno può esprimere le proprie critiche.

 

 


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