Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

29/11/24 ore

Federalismo europeo, attualità di Spinelli e del Manifesto di Ventotene


  • Silvio Pergameno

Quaderni Radicali 108, in uscita in questi giorni, oltre al Primo piano sulla gravità delle patologie della “questione giustizia” in Italia, offre ampio spazio ad altri temi di attualità politica interna e internazionale.

Fra questi emerge l’interessante ricostruzione dello stato del Federalismo europeo oggi.

 


 

La confusione regna sovrana nell’Europa in preda alla crisi più forte dalla quale sia mai stata investita e che i governi non riescono a governare proprio perché prima di tutto a Bruxelles non c’è un vero governo: i paesi dell’Eurozona hanno una moneta unica, un ircocervo senza testa, e così ci troviamo tutti su una nave senza nocchiero in gran tempesta….

 

Tornano di moda Altiero Spinelli e il “Manifesto di Ventotene” (oggi citati, ad avviso di chi scrive, a proposito e a sproposito) e lo spettro della federazione europea si agita con un carico più di timori che di speranze per l’opinione pubblica, in una condizione politica nella quale i presupposti di natura istituzionale che ne ispiravano l’iniziativa oltre settanta anni fa esistono tutti, anche se in condizioni politiche enormemente diverse da quelle da quel tempo: incomparabile la situazione di fatto, diverso l’approccio ai problemi, mutati i soggetti politici, ai quali il nostro destino resta affidato.

 

E’ diversa l’aria che si respira. Altiero Spinelli il percorso dell’Europa dal dopoguerra al 1986, anno in cui è venuto a mancare, lo ha seguito tutto, ma nonostante l’evoluzione subita dalla sua azione politica nel corso del tempo, il presupposto di fondo che l’ha ispirata è rimasto legato a una convinzione irremovibile.

 

La democrazia, che era stato il contributo fondamentale portato dall’idea di nazione nella storia dell’Europa continentale nel tempo in cui essa aveva investito i vecchi stati monarchici, ormai, dopo le guerre mondiali e le dittature fasciste e comuniste, nella prima metà del ‘900 era stata divorata proprio dagli stati, dai poteri che avevano instaurato, dalle passioni che avevano scatenato, dalla cultura che li aveva connotati, dalle strutture e dalle tendenze della politica economica…un periodo di grandi rotture e trasformazioni (la fine delle monarchie, l’industrializzazione, l’avvento della società di massa e la progressiva politicizzazione delle masse lavoratrici, il trionfo della scienza, l’evoluzione del pensiero e dei costumi…) culminato in conflitti terribili il cui esito dava luogo alla prospettiva di un futuro che faceva pensare all’Italia del Seicento.

 

E’ sommamente indicativa la circostanza che il “Manifesto di Ventotene”, il primo testo politico sull’unità europea, sia in venuto in essere proprio in un’isoletta sperduta nel Tirreno (poco più di un km quadrato) dove il regime fascista aveva segregato al confino pericolosissimi antifascisti: Umberto Terracini, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, per non ricordare che i più noti….

 

Spinelli e Rossi, coautori del ”Manifesto”, dovuto in massima parte al primo, del quale è propria la totale ispirazione federalista (Rossi infatti lascerà il Movimento Federalista Europeo verso la metà degli anni cinquanta e la sua opera politica sarà dedicata, con gli “Amici del Mondo” alle storture della condizione italiana, con un’indicazione e una speranza liberal-liberista e anticorporativa).

 

Si era tra il 1941 e il 1942, un momento cruciale nel corso della guerra, con le truppe dell’asse vittoriose, ma nel momento in cui il conflitto si estendeva all’Unione Sovietica e agli Stati Uniti d’America, proprio le due potenze che ne avrebbero determinato le sorti.

 

Ebbene, quel che prima di tutto stupisce nel piccolo testo scritto a penna in condizioni che è facile immaginare, è che esso dà per scontato che le dittature sarebbero state sconfitte e che il problema non era quindi quell di vedere come le democrazie potevano uscire vittoriose dal conflitto, ma di stabilire la struttura istituzionale che il continente avrebbe dovuto darsi se si voleva dar vita a una vera democrazia in marcia.

 

Il passaggio esplosivo del “Manifesto” emerge alla fine del capitolo 2°, prevalentemente nella parte dedicata alle prospettive per il dopoguerra, quando la democrazia dovrà essere ricostituita e sarà indispensabile una critica delle vecchie impostazioni politiche di democrazie finite nel totalitarismo. Ma, osservano gli autori…

 

Prosegui la lettura su Quaderni Radicali 108

 

scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.


Aggiungi commento