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30/11/24 ore

Giustizia: Letta, Jo Condor e lo struzzo


  • Luigi O. Rintallo

Fra i tanti ostacoli alla riforma della giustizia, di un certo rilievo è stato sicuramente Berlusconi. La ventennale contesa con alcune procure che lo ha riguardato, infatti, ha reso impraticabile un approccio scevro da pregiudizi e ha impedito perfino i più timidi interventi per cambiare uno dei sistemi giudiziari più contro-produttivi e malfunzionanti che esistano. Certamente, il fatto che non si potesse prescindere dalla condizione di indagato del leader del centro-destra minava in radice ogni iniziativa, esponendola alla critica di essere strumentale alla soluzione dei processi in corso, anziché volta a migliorare un servizio essenziale per tutti i cittadini.

 

L’anti-berlusconismo, concepito come collante essenziale di un centro-sinistra attestato su posizioni restaurative e contrarie a ogni cambiamento, ha fatto il resto coniugandosi nei fatti con la difesa testarda di stampo corporativo che ha contraddistinto il terzo ordine dello Stato.

 

Ma che oggi, all’indomani della condanna definitiva di Berlusconi pronunciata dalla corte presieduta da Antonio Esposito, il primo ministro Enrico Letta dica: “Siamo in uno Stato di diritto, non ci sono persecuzioni. Rispettiamo, in maniera piena e totale, l’autonomia della magistratura”, suona per lo meno stonato. E non tanto perché qualcuno creda che ci siano dei perseguitati dalla giustizia, quanto perché la frase rivela una debolezza imbarazzante verso il nodo della giustizia che dovrebbe – finalmente – essere affrontato con spirito nuovo, alieno dai conformismi di facciata e, diciamola tutta, un po’ ipocriti.

 

La questione giustizia esiste nel Paese, non perché ha toccato Berlusconi; ed esiste ben prima che egli si affacciasse alla politica. Pluricondannato dalle corti internazionali, il nostro sistema giudiziario ha devastato le ragioni del diritto non una ma mille volte. E i sistemi di controllo e di auto-governo della magistratura non hanno funzionato adeguatamente, determinando una condizione di irresponsabilità che premia l’incompetenza a scapito dei magistrati più valenti. I quali, come è il caso di Falcone, finirono per scontrarsi con il corporativismo più retrivo e proposero esattamente le stesse cose che vorrebbero ottenere i referendum promossi dai radicali.

 

Pensare che l’amministrazione della giustizia nel nostro Paese sia quanto di meglio possa concepirsi, che vada tutto bene così com’è, può essere utile per la polemica spicciola ma non si addice al premier di un governo verso il quale, alle condizioni date, sono rivolte le speranze di molti.

 

Enrico Letta, rievocando un carosello di quando era ragazzo, ha detto di non voler fare la parte di Jo Condor: sarebbe bene che sulla giustizia respinga anche la tentazione di indossare le penne dello struzzo, che com’è noto nasconde la testa sotto la sabbia.

 

 


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