Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

01/12/24 ore

Perché ti ho perduto, di Vincenza Alfano. Ricordando Alda Merini


  • Giovanna D'Arbitrio

Perché ti ho perduto”, di Vincenza Alfano, (Ed. Giulio Perrone), un romanzo dedicato ad Alda Merini, è stato presentato ufficialmente il 21 marzo 2021 in occasione della Giornata Internazionale della Poesia per celebrare il novantennio dalla sua nascita. In effetti la stessa Merini scrisse: “Sono nata il ventuno a primavera/ma non sapevo che nascere folle/aprire le zolle/potesse scatenar tempesta…”.

 

Spesso snobbata per le umili origini, per il rifiuto delle convenzioni borghesi e in particolare per la malattia mentale, Alda Merini è stata riscoperta e rivalutata dopo la morte, anche se le ingiustizie subite da viva si sono spesso protratte anche dopo la sua dipartita, poiché forse per molti è davvero difficile capire la follia, come già Vincenza Alfano aveva evidenziato nel suo precedente romanzo, L’unica ragione.

 

Il libro viene così descritto nel risvolto anteriore di copertina: “Lei è Alda Merini, “la poetessa dei Navigli”, una voce libera da ogni travestimento, un’anima che non conosce la finzione, non accetta il compromesso. La chiamano folle e lei si abbandona alla follia, al tempo stesso condanna e benedizione. È ancora una bambina quando il bombardamento di una guerra troppo vicina distrugge la sua casa e l’allontana dalla città e dalla scuola. Diventa la rivelazione del cenacolo di Giacinto Spagnoletti e la giovanissima amante di Giorgio Manganelli, adorato compagno delle discese nell’abisso della sua mente abitata da ombre. Alda ci prova ad aggrapparsi alla realtà, al marito, alle figlie, ma la normalità la opprime e la rende incapace di accettare il compromesso disumano che soffoca l’urlo fiero e doloroso della sua anima. Solo grazie alla poesia può dare un nome al mondo fantasmagorico che abita con strazio e incanto. Internata in manicomio, attraversa un percorso di cadute e resurrezioni. In quella stanza bianca non è mai sola: accanto a lei ci sono le visioni e il ricordo di Giorgio che ha perduto, le altre anime sofferenti di quella bolgia infernale, ma soprattutto c’è la sua amica Celeste, che cela un segreto indicibile. Vincenza Alfano riscrive liberamente alcune pagine della biografia di Alda Merini e, attraverso una trasfigurazione fantastica, ne ripercorre le pieghe più nascoste in un gioco di specchi che ci rimanda la sua storia di speranza e di felice condanna”.

 

Perché ti ho perduto, pertanto, viene introdotto proprio da due citazioni che mettono in evidenza la follia, in particolare la follia d’amore: 1) Io sono folle, folle d’amore per te/Io gemo di tenerezza /perché sono folle, folle, folle//Poiché ti ho perduto/Io sono folle folle. (Alda Merini); 2) Miser Catulle, desinasineptire/Et quod vides perditum ducas (Povero Catullo, smetti d’impazzire/E ciò che è perduto, consideralo ormai perduto-Carme VIII, Catullo). Seguono poi i capitoli divisi in tre sezioni:1) Perdita; 2) Specchi; 3) Disvelamenti.

 

Pagina dopo pagina scopriamo così le tappe della vita della Merini: la difficile infanzia durante la guerra, la frequentazione del cenacolo poetico di Giacinto Spagnoletti, la vocazione poetica, l’amore per Giorgio Manganelli, il matrimonio con Ettore Carniti, il manicomio. A quanto pare dopo il matrimonio la vita sui Navigli diventò ogni giorno più soffocante, fino a condurla al disagio psichico e al manicomio: un luogo infernale che ella comunque definisce “Terra Santa”, preferibile ad una realtà ancor più dolorosa, Terra Santa anche se là la dignità di chi è folle viene calpestata, anche se qualche medico abusa delle pazienti, come il “dottorino” che tra un elettroshock e l’altro, le propina cure mediche ed erotiche. E nel percorso di quel drammatico tunnel ecco apparire la poesia, unica luce che irrompe nel buio. 

 

Misteriose intese sembrano stabilirsi tra la poetessa e Vincenza Alfano in un racconto che va al di là della biografia per rivelare gli aspetti più nascosti di un’anima tormentata da un’immensa sofferenza che solo nella poesia trova riscatto e una sorta di élan vital.Senza dubbioun libro toccante, scritto da un’autrice dotata di grande sensibilità, un atto di giustizia verso una donna troppo spesso incompresa e sminuita.

 

Vincenza Alfano è nata e vive a Napoli dove insegna materie letterarie Scrive per il Corriere del Mezzogiorno. Conduce l’Officina delle parole, laboratorio di scrittura creativa. È curatrice di antologie in cento parole per L’Erudita. Tra le sue opere ricordiamo  Via da Lì, Fiction, L’unica ragione, I Sopravvissuti, A Napoli con Maurizio de Giovanni, Balla solo per me, Chiamami Iris.

 

 


Aggiungi commento