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01/12/24 ore

Chi diffama l’Islam di Romano Bettini


  • Elena Lattes

Negli ultimi anni si è sempre più diffuso il dialogo e lo scontro tra visioni, spesso opposte, sia negli ambienti politici che nei media e sui social sulla presenza in continua crescita dei musulmani in Europa. Una questione complessa, poiché rimette in discussione non soltanto gli aspetti identitari, ma anche quelli economici e sociali del nostro continente.

 

Ad affrontare questo argomento così spinoso e attuale è stato recentemente Romano Bettini, docente di Sociologia del diritto all’Università La Sapienza di Roma, che ha pubblicato per Armando Editore: “Chi diffama l’Islam”.

 

Partendo da alcuni dati precisi, egli esprime le sue opinioni riguardo sia i problemi legati ai Paesi a maggioranza musulmana, sia quelli che si vengono a creare con le migrazioni che, sostiene, possono “apparire una sfida, certamente non di civiltà, a voler confondere demografia con civiltà, ma unicamente umanitaria, alla capacità occidentale di contenimento emergenziale di difficoltà delle popolazioni islamiche, per consentire loro una sopravvivenza dignitosa”.

 

Tanti gli aspetti affrontati: il rapporto dei diversi Stati con il terrorismo (molti ne sono vittima ma non ce n’è nessuno che ne alimenta i focolai?), la radicalizzazione di figli e nipoti dei migranti, la Carta dei musulmani d’Europa e le costituzioni in Africa e Asia, le politiche islamiche verso l’occidente e molto altro ancora.

 

Particolarmente interessante la questione della (mancanza di) separazione giuridica tra religione e politica: esistono, è vero, stati democratici in cui c’è una certa commistione tra i due elementi, come ad esempio la Gran Bretagna (dove la Regina è anche capo della Chiesa anglicana) e Israele (dove i partiti laici, per avere la maggioranza parlamentare devono di solito allearsi con quelli religiosi che fungono da ago della bilancia), ma sono Paesi dove i diritti di tutte le minoranze sono rispettati e dove ognuno può liberamente esprimere qualunque opinione o professare qualunque credo.

 

Non si può dire altrettanto, invece, di alcuni dei Paesi musulmani, “la cui legislazione è costituzionalmente fondata su un testo sacro (vedi il caso del Corano per l’Arabia Saudita), od elaborata da un ceto professionale privato (gli ulema o dotti), derivandola a loro modo da testi sacri, e così ad esempio condannando a morte gli apostati, a lapidazione le adultere e ad amputazione i ladri”.

 

Un’altra problematica di stretta attualità e piuttosto controversa riguarda le accuse presentate dall’Oci (Organizzazione delle Conferenze Islamiche) all’Onu “contro la cosiddetta islamofobia occidentale, (…) come prove di diffamazione.” Secondo l’autore questo fenomeno dev’essere suddiviso in due gruppi per analizzare meglio le cause “elencabili prima del terrorismo e delle migrazioni islamiche, e quelle che si sono aggiunte dopo”.

 

Dunque, alcune critiche al mondo musulmano sono, per Bettini, del tutto legittime, mentre altre sono da condannare, ma nel complesso “la politica islamica contro la cosiddetta ‘diffamazione islamofoba’ dell’occidente è, in realtà, un assordante silenzio sulle  cause dei tramonti storici dell’islam, rivolto in transfert sull’occidente per le relative responsabilità, transfert gestito a fini di legittimazione di una sorta di revanscismo islamico senza speranze.” Un revanscismo “non riconducibile ad eventi contemporanei”, ma che affonda le sue radici nei quattordici secoli di storia che lo riguardano.

 

Sarebbe impossibile nel breve spazio di un articolo anche solo elencare le altre questioni sollevate da Bettini in questo breve saggio, ma qualunque opinione si abbia in merito, non si può non riconoscere all’autore una lucidità nelle sue analisi e non apprezzare la scorrevolezza del testo e la semplice esposizione dei concetti.

 

 


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