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01/12/24 ore

Giovanni Pennacchio – La vita di un compositore all’ombra di Leoncavallo di Paola Chillemi


  • Elena Lattes

Nato a Napoli nell’aprile del 1878 e rimasto orfano molto piccolo, Giovanni Pennacchio, insieme a suo fratello, venne affidato dalla madre al Conservatorio di Santa Maria della Pietà presso il Convento dei Padri Celestini di San Pietro a Majellache ospitava i bambini in difficoltà economiche. Fu una fortuna, paradossalmente, per il piccolo Giovanni che in questo modo ebbe la possibilità di ricevere un’ottima educazione musicale.

 

A far conoscere la sua poco nota biografia è Paola Chillemi che ha pubblicato per la Casa editrice Zecchini “Giovanni Pennacchio – La vita di un compositore all’ombra di Leoncavallo”. L’autrice è la figlia del suo “ultimo affezionatissimo allievo”, Salvatore Chillemi, e ha deciso di rendergli omaggio, a distanza di quarant’anni dalla sua morte, ricostruendone il profilo con una dettagliatissima biografia.

 

Ha dunque raccolto ed elaborato armoniosamente i suoi ricordi di quando lei era bambina, dei numerosi documenti, delle testimonianze, dei carteggi e di tutto ciò che Pennacchio ha lasciato. Egli fu infatti  “un artista, un musicista, un compositore, un precoce talento (…) che era stato a fianco di illustrissimi uomini del suo tempo: PucciniMascagniLeoncavalloCarusoGiordanoCileaZandonaiRespighiLongo” e che collaborò con loro, guadagnandone profonda stima e grande fiducia. Nei suoi oltre cento anni di vita, fu testimone - e in parte protagonista – delle numerose tendenze musicali che si sono succedute in Italia.

 

Iniziò la sua carriera nell’ambiente militare: durante la leva obbligatoria passò prima da Appuntato Musicante nel 93° Reggimento Fanteria “con firma di anni cinque” a Caporale Musicante per divenire, poi nel 1897, ad appena diciannove anni, Capo Musica del Regio Esercito Italiano con grado di Sottotenente del 77° Reggimento Fanteria di Ravenna. 

 

Nel 1907 entrò a far parte della Commissione del Ministero della Guerra, formata per migliorare l’organizzazione strumentale e il repertorio musicale militare. Continuò poi a dirigere le bande cittadine di Firenze, Pistoia, Arezzo e Catania. Tenne concerti alla Scala dove conobbe Giulio Ricordi che lo assunse come  direttore delle pubblicazioni bandistiche. Compose le liriche, “Erica” e “Redenzione”.

 

La prima, richiesta in tutta Europa, vinse il concorso Mc Cormick, ma ebbe poca fortuna, soprattutto in Italia, poiché la sua rappresentazione fu impedita prima dallo scoppio della Grande Guerra e poi dai problemi finanziari e legali (dovuti alla scomparsa del mecenate Cleofonte Campanini). Tornò poi nell’esercito per partecipare alla prima guerra mondiale.

 

Per Leoncavallo, portò a termine l’”Edipo Re” e quando il famoso compositore gli affidò la copiatura e la stesura delle sue opere, nacque “un vero e proprio sodalizio, un’intesa di vedute e di ingegno,  una fiducia reciproca ed un affiatamento costante”.

 

Alla sua impulsività “Pennacchio opponeva, infatti, la sua rilassata pacatezza: alla caparbietà quasi autolesionistica di Leoncavallo egli rispondeva con docile flessibilità; alla suscettibilità del primo faceva da contrappeso la deliziosa autoironia del secondo; alla permalosità dell’uno si legava la bonaria e amabile pazienza dell’altro”.

 

Dal capitolo – il più lungo – dedicato all’intenso rapporto che durò fino alla morte dell’autore de “I Pagliacci”, si evince nel complesso che Leoncavallo non poté mai fare a meno dell’amicizia e della collaborazione di Pennacchio.

 

Quest’ultimo, d’altronde, era una persona curiosa e riflessiva che non si fermò mai nello studio, e nell’approfondimento: scoprì, per esempio, un “fenomeno acustico mai registrato prima negli strumenti d’ottone a forte conicità” e in un articolo che ripercorreva “la carriera luminosa di Giuseppe Verdi, (…) evidenziò l’importanza dell’essere multiformi e insaziabili del proprio sapere”.

 

Una persona, dunque, che, nonostante tutto, era molto modesta e austera e che, con tutta probabilità sarebbe finita nel dimenticatoio se la Chillemi non ne avesse pubblicata la prima e, ad oggi, unica biografia, arricchita dall’”analisi della produzione musicale” del musicologo Riccardo Viagrande.

 

 


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