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30/11/24 ore

"Credere disobbedire combattere", la bandierina radicale di Marco Cappato


  • Antonio Marulo

Marco Cappato è salito di recente agli onori di una cronaca un po' meno di nicchia per alcune sue azioni di disobbedienza civile. In particolare, la vicenda di Dj Fabo lo ha portato a processo con l'accusa di aiuto al suicidio. Proprio ciò che voleva: farsi “pubblicità”. Perché – parafrasando - “la pubblicità è l'anima della nonviolenza” e dà senso ed efficacia a un modo di fare e concepire la lotta politica, tipico del partito di Marco Pannella.

 

Cappato ne scrive in Credere disobbedire combattere, intrecciando parte della storia radicale con la sua esperienza diretta, in un mondo che lo ha visto tra i prescelti del Leader carismatico fin dai primi anni Novanta.

 

Nel libro gli aneddoti e gli episodi di vita vissuta si alternano ai commenti, alle citazioni e alla pura cronaca dei fatti relativamente alle iniziative radicali su “eutanasia, droghe, sesso, internet, genetica umana e vegetale, scienza e diritti umani”. Tutti temi che vedono oggi impegnata in ordine sparso la diaspora post-pannelliana, fra una lotta intestina e l'altra. Si tratta di un racconto non proprio nuovo per chi bazzica l'ambiente. La lettura può risultare invece interessante a chi ignora e non conosce; e magari può far ricredere – come dice l'autore nella dedica – “quelli che tanto non cambia mai nulla”.

 

Il tratto semi-autobiografico dell'opera non nasconde i caratteri di un "manifestino" politico prêt-à-porter, mentre è in corso la tempesta nella galassia radicale, con la campagna elettorale alle porte. Nel ruolo di battitore libero, il tesoriere (ma in realtà leader) dell'Associazione Luca Coscioni  piazza così la sua auto-promozionale bandierina nel travagliato post-mortem di Pannella. E lo fa mostrando di sapersi muovere per certi aspetti meglio di altri.

 

L'edizione Rizzoli, la presentazione ufficiale a La Feltrinelli nella Galleria Sordi a Roma e l'intervista sulle Reti Rai nel programma di Gramellini non sfuggono, infatti, per la tanta grazia mediatica ricevuta. Cosa in sé inusuale, quando si tenta di promuovere un prodotto radicale appena uscito; e prova del fatto che il brand Cappato si sta ritagliando via via un proprio spazio di “popolarità” e di relazioni col cosiddetto regime, prescindendo dall'area di appartenenza, come solo Emma Bonino ha saputo fare... Chapeau.

 

 


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