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02/12/24 ore

'Autobiografia dell'Università Italiana', racconto di una malattia endemica


  • Florence Ursino

Più che rievocazione o racconto retrospettivo in prima persona, 'Autobiografia dell'Università Italiana', presentato in concorso al Roma Independent Film Festival, a ben vedere appare come il necrologio di un sistema del sapere collassato sotto le macerie di una costante, sistematica e più che decennale implosione.

 

Il documentario, scritto e diretto da Piero Balzoni e prodotto dalla Jean Vigo Italia di Elda Ferri e da Roberto Faenza, porta sul grande schermo il tracciato elettrocardiografico di un organismo, quello composto dagli atenei italiani, in rivolta contro l'ennesimo virus che lo sta condannando a una lenta morte: la riforma Gelmini.

 

Attraverso le storie (ma sopratutto i malumori) dei suoi protagonisti - ricercatori, studenti, professori – e le (quasi scontate) recriminazioni di qualche 'eccellenza', come Umberto Galimberti, Margherita Hack o FrancescoAlberoni – il film ripercorre i momenti della protesta contro il decreto legge della ministra berlusconiana, reo di aver staccato la spina dell'alimentazione a un sistema (già denutrito) non più in grado di assicurare un futuro brillante (o quantomeno promettente) alle fertili menti italiane, costrette a 'vendersi' al migliore offerente oltreconfine.

 

 

 

Ma qual è il preludio alla, devastante certo, tempesta gelminiana? Che i baronati, la casta accademica, la carenza dei fondi, i privilegi dei 'figli di, sorelle di, amici di', siano tratto distintivo e permanente della sontuosa infrastruttura dell'istruzione dal momento stesso della sua edificazione dovrebbe apparire scontato.

 

Ma il crollo improvviso del 'Palazzo della Cultura', in contemporanea con il terremoto politico ed economico che sconvolge la penisola italica, attraverso il lavoro di Balzoni assume i toni di un'apocalissi improvvisa e imputabile ad un unico agente: Mariastella Gelmini (o forse meglio, ciò che lei rappresenta), che certamente fa suoi i connotati del nemico proprio attraverso il suo rifiuto ad un qualsivoglia confronto con la parte 'debole'.

 

Nonostante quindi qualche remora sull'effettiva collocazione 'spazio-temporale', oltre che – inevitabilmente – politica, di questo racconto autobiografico, l'impianto audiovisivo del documentario è perfettamente aderente al sentimento di paura, confusione e rabbia che trapela dalle immagini.

 

Ottima la fotografia di Paolo Tommasini, in alcuni punti virata totalmente sul rosso o sul blu a voler esprimere la 'temperatura' interna dello scontro, non solo fisico, tra sogni, ambizioni, potenzialità da un lato e interessi, indifferenza e abbandono dall'altro.

 

Ritmato, ammiccante e a tratti provocatorio il montaggio di Anna Zanconato, che riesce a esaltare perfettamente le contraddizioni di un sistema in rivolta principalmente contro se stesso. Un conflitto, quello di cui si fa portavoce 'Autobiografia dell'Università Italiana', la cui posta in gioco è l'essenza stessa del pensiero. “E con che cosa si pagano i pensieri?” si chiedeva Ludwig Wittgenstein. “Credo con il coraggio”.


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