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29/11/24 ore

Droghe, il fallimento delle politiche repressive. La relazione dell'Antimafia silenziata dai media



Nella Relazione Annuale 2014 della Direzione Nazionale Antimafia  - pressoché sconosciuto perfino alle classi dirigenti del nostro Paese - le pagine relative alla cannabis, riprodotte qui di seguito, ripropongono a distanza di 40 anni le tesi “radicali” oggetto di iniziative di disobbedienza civile che hanno coinvolto decine di militanti e dirigenti radicali.

 


 

 

Direzione Nazionale Antimafia – Relazione Annuale 2014

(periodo 01/07/2013 – 30/06/2014 - da pagina 355 a pagina 359)

 

 

... La situazione italiana - L’eccezionale espansione, in Italia, dei consumi di hashish. La questione della depenalizzazione. Il traffico di droghe pesanti. Cocaina, eroina e droghe sintetiche. Le più rilevanti operazioni anti-droga.

 

Il dato di partenza dell’analisi che ci apprestiamo a svolgere, che riguarda l’attuale consistenza criminale ed economica del narcotraffico in Italia (e, necessariamente, per quel che ci riguarda, dei diversi paesi coinvolti) non può che essere di tipo oggettivo e statistico, tale cioè da farci misurare concretamente - e al di là di facili suggestioni, spesso dettate da pre-giudizi – la dimensione esatta del fenomeno (e, quindi, poi, l’entità dell’impatto repressivo). Tali dati, poi, dovranno essere confrontati con quelli degli anni precedenti. Solo così emergerà il quadro, non solo complessivo, ma dinamico delle tendenze del mercato degli stupefacenti (e, poi, della qualità ed entità della risposta istituzionale). Solo all’esito di questa ricognizione sarà possibile svolgere alcune riflessioni.

 

Fra i dati in possesso da ritenersi più attendibili al fine di comprendere in quale direzione si muove il mercato, vi sono quelli relativi ai sequestri di narcotico effettuati sul territorio nazionale che fotografano quindi (per lo più) l’offerta di stupefacente. Secondo la letteratura criminologica internazionale, che sul punto rispecchia un orientamento sostanzialmente unanime, il dato dei sequestri di stupefacente, infatti – salvo il caso, che certamente non ricorre attualmente, di straordinari rivolgimenti nelle rotte del traffico ovvero di nuove tecniche investigative in grado di consentire un vero e proprio “salto” di qualità all’azione di contrasto (ad esempio: la scoperta di un nuovo tipo d’intercettazione telematica o ambientale, o l’utilizzazione di un nuovo sistema d’individuazione a distanza dello stupefacente) - è uno specchio fedele delle dinamiche dei mercati: dato un certo quantitativo complessivo di stupefacente, sequestrato in un dato anno ed in un dato territorio, può dedursene, l’incremento o il decremento – per un periodo storico omogeneo – del quantitativo di stupefacente immesso sul mercato, nel corso di un anno e nello stesso territorio.

 

Si ritiene prudenzialmente, almeno a livello italiano ed almeno attualmente, che, di norma, ad un dato quantitativo di stupefacente sequestrato, corrisponda un quantitativo di stupefacente immesso sul mercato pari a circa 10/20 volte quello sequestrato.

 

Ricordiamo, allora, per dare un significato concreto ai dati che riguardano il presente anno, che, nel periodo precedente a quello in esame (dunque, dal 1 Luglio 2012 al 30 Giugno 2013), in Italia, venivano intercettati: kg 3748 di cocaina – dato che, già all’epoca, non faceva che confermare la fortissima offerta di questo tipo di stupefacente in Italia - kg 830 di eroina (stupefacente che risultava mano richiesto sul mercato rispetto al precedente trend) kg 63.132 di cannabis di cui 35.849 di marijuana, kg 27.282 di hashish e kg 4074 di piante (già all’epoca il dato non solo dava conto di un mercato in crescita, ma, anche, di una auto-produzione, per lo più aumentata da micro-piantagioni domestiche diffuse su tutto il territorio nazionale) e, quanto alle droghe sintetiche, kg 24 di anfetaminici in polvere, 18.742 dosi della stessa sostanza (ma in pastiglie) e 2252 dosi di LSD ( dati che per la loro esiguità rispetto alla percezione del fenomeno, ancorché in aumento rispetto al passato, facevano ritenere molto più complessa - e, quindi, non ancora adeguata - l’azione di contrasto ).

 

Nel periodo in esame – 1.7.2013/30.6.2014 – si registra un significativo, ma non eccezionale, aumento dei sequestri di tutte le sostanze stupefacenti sopra indicate, fatto salvo il dato sulla cannabis, che evidenziava un rilevantissimo picco di incremento di oltre il 120%. In particolare, cadevano in sequestro: kg 4.499 di cocaina, Kg 851 di eroina, kg 147.132 di cannabis ( di cui 109.000 di hashish, 37.151 di marijuana, 900 di piante), kg 74 di anfetaminici in polvere e 4625 in dosi dello stesso stupefacente. Il rilevante incremento dei sequestri di anfetaminici - che al netto del ridimensionamento dei sequestri di dosi, sono, comunque, almeno raddoppiati – dimostra proprio quello che si era detto in precedenza: l’entità dei precedenti sequestri era dovuta, più che alla scarsa diffusione dello stupefacente, alla inadeguatezza dell’azione di contrasto di fronte ad un fenomeno nuovo che non conosce né le tradizionali rotte del traffico gli stupefacenti, né la consueta mappa geo-criminale delle organizzazioni trafficanti, dato conoscitivo che rappresenta sempre una guida sicura nella individuazione dei target investigativi. Nel caso del traffico di droghe sintetiche, in cui la produzione è polverizzata (atteso il fenomeno dei laboratori domestici di produzione, impiantabili ovunque ed in qualsiasi parte del mondo) posto che, con poca spesa ed un know-how neppure particolarmente sofisticato, è possibile per chiunque produrre tali stupefacenti.

 

Appare, quindi, facilmente prevedibile che nel corso degli anni – con l’ affinarsi delle specifiche tecniche investigative necessarie ad intercettare lo stupefacente ed individuare i canali del traffico – si assisterà ad un sensibile incremento dei sequestri (che non significherà, necessariamente, un incremento proporzionale dei consumi) fino ad un assestamento dei dati, assestamento che si avrà quando – come nel settore del traffico della cocaina e dell’eroina - la tecnica d’indagine sarà matura. Da tale momento il variare dei quantitativi sequestrati potrà meglio fare apprezzare anche l’evoluzione della dinamica domanda/offerta. Quanto al dato sui sequestri di cannabis, lo stesso, come anticipato, evidenzia un picco che appare altamente dimostrativo della sempre più capillare diffusione di questo stupefacente.

 

Non essendo maturate nuove e particolari tecniche investigative in tale ambito deve ragionevolmente ritenersi che a sequestri così imponenti ed in aumento corrisponda una massa circolante di cannabinoidi decisamente in aumento. Per avere contezza della dimensione che ha, oramai, assunto il fenomeno del consumo delle cd droghe leggere, basterà osservare che - considerato che, come si è detto, il quantitativo sequestrato è di almeno 10/20 volte inferiore a quello consumato - si deve ragionevolmente ipotizzare un mercato che vende, approssimativamente, fra 1,5 e 3 milioni di Kg all’anno di cannabis, quantità che soddisfa una domanda di mercato di dimensioni gigantesche. In via esemplificativa, l’indicato quantitativo consente a ciascun cittadino italiano (compresi vecchi e bambini) un consumo di circa 25/50 grammi procapite ( pari a circa 100/200 dosi) all’anno.

 

Invero, di fronte a numeri come quelli appena visti - e senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o anti-proibizionista che sia - si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva (rectius: degli effetti di quest’ultima sulla diffusione dello stupefacente in questione). E quando si parla di “massimo sforzo profuso” in tale specifica azione di contrasto, si intende dire che - fatti salvi i sempre possibili miglioramenti qualitativi, ovvero la razionalizzazione o gli aggiustamenti nell’impiego delle risorse – attualmente, il sistema repressivo ed investigativo nazionale, che questo Ufficio osserva da una posizione privilegiata, è nella letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi. Ciò per la semplice ragione che, oggi, con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso globale, comprensivo di tutte le droghe ( impegno che assorbe già enormi risorse umane e materiali, sicché, spostando ulteriori uomini e mezzi su tale fronte, di conseguenza rimarrebbero “scoperte” e prive di risposta investigativa altre emergenze criminali virulente, quali quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di essere umani e di rifiuti, corruzione, ecc) ma, neppure, tantomeno, è pensabile spostare risorse all’interno del medesimo fronte, vale a dire dal contrasto al traffico delle (letali) droghe “pesanti” al contrasto al traffico di droghe “leggere”. In tutta evidenza sarebbe un grottesco controsenso.

 

Si può dire, allora, che i dati statistici e quantitativi nudi e crudi, segnalano, in questo specifico ambito, l’affermarsi di un fenomeno oramai endemico, capillare e sviluppato ovunque, non dissimile, quanto a radicamento e diffusione sociale, a quello del consumo di sostanze lecite (ma, il cui abuso può del pari essere nocivo) quali tabacco ed alcool. La circostanza è aggravata dal fatto che il trend può ragionevolmente ritenersi in ulteriore crescita non solo per ragioni storiche e sociali ma anche in considerazione della minore deterrenza delle norme penali riguardanti le cd droghe leggere, sancita dalla recente sentenza nr 32/2014 della Corte Costituzionale, che sostanzialmente non consentono l’arresto in flagranza.

 

Dunque, davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia, tenendo conto del fatto che, nel bilanciamento di contrapposti interessi, si dovranno tenere presenti, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente) più idonee a garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite.

 

Passando ora all’analisi del traffico di droghe pesanti, in via generale può affermarsi che: tra le organizzazioni mafiose italiane, come si è anticipato, è sempre la ‘Ndrangheta a ricoprire il ruolo di protagonista nei circuiti globali del narcotraffico, soprattutto per quanto concerne la cocaina, mentre il traffico dell’eroina è oramai stabilmente in mano ai cartelli di matrice balcanica, con un ruolo di assoluta preminenza dei sodalizi kosovaro-albanesi.

 

Questi ultimi, inoltre, come si già visto sono gestori del traffico di cannabis, unitamente ( rectius, parallelamente) ai sodalizi magrebini. La ‘ndrangheta, dunque, conferma, come risulta anche dalle indagini in corso, di avere, oramai, acquisito una posizione, se non monopolistica, quanto meno oligopolistica, nel contesto del traffico internazionale di cocaina che dal SudAmerica arriva in Europa. E’ tale la posizione acquisita dalla ‘ndrangheta, che le altre organizzazioni criminali italiane (e non solo) che trafficano in cocaina si rivolgono ad essa per acquistarla, come al maggior fornitore in Europa.

 

Insomma, può oramai affermarsi che se, nel circuito economico della cocaina esistessero, come in quello del petrolio, le “sette sorelle” certamente la ‘ndrangheta sarebbe una di queste. Capacità relazionali con i grandi cartelli messicani e colombiani, affidabilità e solvibilità sempre crescenti nel corso del tempo, presenza diffusa e controllo del territorio non solo in Calabria, ma, anche, in territori che per ragioni diverse rappresentano snodi fondamentali del narcotraffico (in particolare, Olanda, Germania, Lombardia, il porto di Gioia Tauro, ed anche quelli del nord Italia che sono i luoghi di approdo dei grandi carichi, ovvero fra i più grandi mercati della cocaina) sono le componenti del successo criminale della ‘ndrangheta in tale settore.

 

Ma se la presenza della ‘ndrangheta, come si è appena detto, è tentacolare e si manifesta in diverse realtà interessate dal traffico, proprio il controllo assoluto e penetrante del Porto di Gioia Tauro, come si spiega anche nella parte della relazione dedicata alla ‘Ndrangheta, rappresenta uno dei principali punti di forza di tale organizzazione nel contesto internazionale. La presenza di una fittissima rete di fiancheggiatori dell’organizzazione proprio all’interno del Porto di Gioia Tauro, peraltro, trova agevole spiegazione in una dato emerso da numerose indagini che ha a che fare con la “mafiosità” di questa grande organizzazione dedita al narcotraffico: la sua capacità di determinare, nella misura necessaria e, soprattutto, nei gangli sensibili, chi – si tratti di imprese o di singoli lavoratori - può lavorare al suo interno e chi no.

 

Ovvio che i beneficiati, ossia coloro che grazie alla ‘ndrangheta operano nel Porto ( imprese o singoli lavoratori) non possano, poi, rifiutarsi di collaborare nell’attività di “sbarco” dello stupefacente. E se, le attività logistiche e di trasporto del prodotto finito sono in prevalenza riconducibili ai cartelli messicani, soprattutto per quanto concerne il mercato Nordamericano, alla ‘ndrangheta, ai network Nigeriani, che alimentano il mercato europeo di ogni tipologia di sostanza, e ai sodalizi balcanici, tradizionalmente i principali vettori dell’eroina ( e come si è già detto dei derivati della cannabis di cui l’Albania è anche il principale produttore europeo), ma che nell’ultimo decennio si sono ritagliati un ruolo di rilievo anche nel traffico di cocaina, la presenza in Europa ed in Italia di emissari di queste organizzazioni narcotrafficanti di diversa matrice contribuisce significativamente a modulare le interazioni tra le diverse strutture criminali, favorendo sinergie tra le mafie straniere e le mafie tradizionali, nonché l’espansione di queste ultime ( e in particolare di camorra e ‘ndrangheta) al di fuori del nostro Paese...

 

(fonte radicali.it)

 

 


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